Non solo mercati

Dalla Rassegna stampa

Fu Papa Giovanni Paolo II, nel 2002, a rivolgere un accorato appello al Parlamento italiano, riunito in seduta congiunta, per un gesto di clemenza - una amnistia - a favore dei detenuti delle nostre carceri, già all'epoca in condizioni di vita inumane. "Astenersi da azioni promozionali nei confronti del detenuto significherebbe ridurre la misura detentiva a mera ritorsione sociale, rendendola soltanto odiosa", disse. Deputati e senatori acclamarono. Furono ipocriti, non ne fecero nulla, l'appello cadde nel vuoto. Dieci anni dopo, la condizione carceraria è sempre gravissima, comincia perfino a fare notizia sulla cautelosa tv. Ma ancor più drammatica, se non ormai disperata, è la situazione complessiva della giustizia italiana. L'opera di misericordia evangelica, "visitare i carcerati" (sottratta alla dimenticanza dai deputati radicali per i quali è stata sempre uno dei primissimi doveri istituzionali), può diventare, e forse sta di fatto diventando, un alibi per non affrontare nel suo complesso e in profondità la questione giustizia ponendo mano a una riforma che renda efficiente l'intero sistema, sia nel settore penale dichiarato dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, il 18 luglio scorso, "questione di prepotente urgenza sul piano costituzionale e civile" - sia in quello civile, sul quale si è recentemente pronunciato il premier Mario Monti: "Questo governo (...) è doveroso che si occupi, come fa e intende fare e in parte ha già fatto, dei temi della giustizia, in particolare della giustizia civile...".

A queste realtà ineludibili ci richiama l'appello e l'iniziativa di Marco Pannella e dei radicali, che hanno indetto per Pasqua una "marcia per l'amnistia, la giustizia, la libertà". Da appassionati eredi della destra storica, essi hanno saputo trasfondere il rigore del diritto dalla matrice liberale a quella libertaria: è forse il loro contributo maggiore alla teoria dello stato moderno. L'appello umanitario di Papa Giovanni Paolo II li trovò dunque in prima fila, e non per il formale applauso dei parlamentari. Quando quel Papa era sul letto di morte, ancora una volta Pannella (che Wojtyla chiamò una volta, in pubblico, "il mio amico Pannella") invocò che gli si rendesse quest'ultimo omaggio, di non disattendere quella sua invocazione alla giustizia e alla clemenza. Ovviamente, non fu ascoltato. Ma fu un momento di alta corrispondenza ideale, di autentico, non formale dialogo tra laici e cattolici.

Il tema del dialogo laici-cattolici non è per me troppo appassionante, da laico penso che il dialogo debba essere aperto a tutti, a trecentosessanta gradi. Nessun privilegio, nessuna esclusione: si deve dialogare con cattolici e islamici, con diversamente credenti e indifferenti. La piattaforma essenziale del dialogo non può che essere la laicità, per la quale solo il diritto è egemone e apre a tutti le norme e le condizioni. Ma, visto che siamo in Italia, accetto che si presti una qualche attenzione, se non privilegio, alla religione che è comunque, nel paese, maggioritaria. Straordinario e unico destino, quello del nostro paese. La sua capitale, Roma, è anche capitale della vicenda cattolica e ospita un'altra capitale, il Vaticano. I due mondi sono intrecciati, nel bene ma anche nel male.

Quando nel 1967 si tenne a Bologna il primo congresso del nuovo Partito radicale ormai pannelliano, la mozione finale affermava che l'anticlericalismo e l'antimilitarismo erano i due percorsi necessari da compiere per il rinnovamento della politica italiana. L'affermazione andava e va, innanzitutto. storicizzata. Essa riesumava e' rimetteva in circolazione due valori tipici del socialismo libertario, divenuti "vieti" perché vietati dal fascismo concordatario e bellicista. E l'anticlericalismo radicale andò incontro alle speranze e alle urgenze di cattolici turbati e amareggiati dal comportamento di una chiesa che aveva salutato in Mussolini l'uomo della Provvidenza, accettandone le prevaricazioni e la violenza.

Cardini della convivenza umana
Nel mezzo secolo trascorso da allora, i cattolici si sono incontrati più volte, in un dialogo proteso alla salvezza della vita e del diritto, con un partito che si definiva "di credenti e non credenti". A oggi, sono già molti i cattolici che hanno aderito alla Marcia di Pasqua, in particolare moltissimi cappellani delle carceri, testimoni degli orrori che si svolgono dentro quelle mura. Purtroppo, la marcia è stata sospesa, a causa del divieto opposto dalle autorità in nome di "norme" tanto illiberali quanto disattese con i più vari pretesti, ma avrà luogo nella data. che verrà in queste ore fissata. Vorrei augurarmi che essa sia ancora una volta l'occasione di un dialogo urgente e necessario. I cattolici chiedono con insistenza che alla religione, alla chiesa, sia garantito lo spazio pubblico, la piena libertà di espressione e di funzioni. Una uguale possibilità di fruire dello spazio pubblico non dovrebbe essere garantita anche, o soprattutto, alla giustizia, al diritto, fondamento e cardine della convivenza umana?

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