Non fate cadere l'architrave

Dalla Rassegna stampa

Dalla ripulitura del Tamigi al risanamento di Pittsburgh, dai parchi naturali dei Paesi europei a quelli dei Paesi emergenti, tutti i progetti di tutela ambientale richiedono più risorse di quelle che restituiscono nell'immediato, anche se risultano preziosi per il futuro dell'umanità. Alcuni di essi generano benefici anche prossimi: lo sviluppo di tecnologie sostenibili risolve problemi comuni a tutti i popoli, e quelli che sanno metterle a punto e cederle ad altri, o le fanno lavorare per essi, si assicurano un ruolo di privilegio nella divisione internazionale del lavoro. Ben lo sanno le regioni italiane incapaci di trattare i propri rifiuti, che strapagano i Paesi nordici per farlo, così contribuendo al proprio impoverimento relativo. La tutela ambientale non consiste in un non fare, tranne nelle poche aree ancora disabitate: in tutte le aree abitate del pianeta la tutela dell'ambiente richiede risorse scientifiche, tecnologiche ed economiche specificamente ad essa destinate. Infatti le aree ambientalmente più devastate sono quelle abitate da popolazioni a basso sviluppo economico.
Intraprendere il cammino virtuoso dello sviluppo sostenibile significa conciliare intensa creazione di ricchezza, in grado di consentire un buon tenore di vita a territori fittamente popolati, e assenza di offese all'ambiente. Senza questa conciliazione mancano le risorse per garantire la tutela. Ma se la conciliazione è assicurata, i requisiti di qualità ambientale possono essere gradualmente innalzati, mano a mano che, proprio grazie alle risorse, si sviluppano tecnologie migliori. Come nella costruzione di una cupola, si arriva in alto solo procedendo con ordine, affrontando simmetricamente tutti gli elementi dell'opera, senza fughe in avanti e senza sottrarre alla costruzione elementi posti in opera in precedenza e non ancora sostituiti da altri.
Nei Paesi manifatturieri gli elementi della costruzione sono l'industria, che genera la ricchezza; la ricerca scientifica, che genera le nuove tecnologie, spesso in sinergia con l'industria; il sistema normativo, che deve progredire in sincronia con la costruzione, stimolando l'adozione delle tecnologie più avanzate disponibili e indicando in anticipo traguardi raggiungibili e tempificati; il sistema regolatorio e sanzionatorio, che protegge ambiente e cittadini assicurando l'applicazione delle norme.
La coerenza e la sincronizzazione degli elementi del sistema è un obiettivo di interesse pubblico e di alto ordine istituzionale, al quale tutti gli attori debbono contribuire, nelle loro responsabilità pubbliche e private. Nel caso dell'Ilva di Taranto qualcosa nella simmetria non ha funzionato. Siamo di fronte al più grande stabilimento d'Europa nel suo genere, dal quale escono acciai di qualità essenziali per molte produzioni italiane, e che rappresenta un pilastro dell'economia: non c'è dubbio che si tratta di un elemento cruciale per la produzione delle risorse. Quanto al rispetto delle norme, sembra che gli investimenti necessari all'adozione delle tecnologie raccomandate siano stati fatti, ma che la sincronia tra norme e stati di fatto non sia stata sempre resa possibile. Ammesso che tali siano i fatti, e solo alla magistratura spetta accertarlo, a tutti gli attori solidalmente incombe l'onere sociale di non far crollare l'architrave. Perché la chiusura dello stabilimento sarebbe non solo un danno economico terribile, ma certamente determinerebbe uno stato di abbandono che peggiorerebbe anche la situazione ambientale.

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