Nomine pubbliche, fronda nel Pd

No al manuale Cencelli. Basta nomine lottizzate, ma anzi «criteri nuovi» e «trasparenti per indicare i vertici delle aziende pubbliche». Tutte le varie anime del partito democratico, almeno su questo fronte, si ritrovano unite: da Puppato passando per i renziani fino al viceministro del Tesoro, Stefano Fassina. Tutti d’accordo nel chiedere non solo «più merito nella selezione dei candidati» ma anche «il divieto di cumulo e il tetto degli stipendi» così come proposto dal prodiano Sandro Gozi in un’intervista a La Stampa, che domenica scorsa ha pubblicato un’inchiesta giornalistica sulle 200 poltrone delle grandi società pubbliche che da questo mese dovranno rinnovare i vertici della loro governane.
E così, se Laura Puppato sottolinea che «dobbiamo archiviare una volta per tutte il manuale Cencelli, che ha ucciso il merito, l’efficienza e aumentato il discredito della politica» il viceministro Fassina chiarisce che «siamo a una svolta storica che garantirà massima trasparenza e professionalità, ma soprattutto l’assenza di conflitto d’interessi». Un passo avanti, positivo e significativo ma non ancora sufficiente replicano Gozi, Civati e Marzano che sottolineano come «le 200 nomine non sono che la punta di un iceberg ben più grande e sommerso fatto di enti pubblici o di società in liquidazione».
Anche per questa ragione i tre parlamentari che hanno firmato sul tema un’interrogazione al governo, chiedono «che l’esecutivo faccia una ricognizione dettagliata del sistema di presenza pubblica al fine di attivare una prassi trasparente di sottoposizione delle proposte di nomina - soprattutto nel caso di conferma - con l’illustrazione dei risultati conseguiti alle commissioni parlamentari». Stessa attenzione, naturalmente, anche per gli Enti vigilati, che «dovrebbero essere riorganizzati - spiegano i tre parlamentari Pd - mediante un unico cda al fine di sfoltire costi, poltrone e guadagnando in efficienza e trasparenza».
E sulla stessa frequenza si collocano le considerazioni del segretario dei radicali italiani, Mario Staderini per il quale «nominare centinaia di incarichi in aziende e enti di Stato senza prima aver modificato le procedure sarebbe inutile e dannoso» e il senatore renziano Mario Morgoni rincara la dose: «Netta discontinuità con il passato». Tra le prese di posizione c’è anche quella di Vito Riggio (fresco di proroga), commissario straordinario dell’Enac, che nel rivendicare i successi «di bilanci costantemente in attivo dei suoi 12 anni» al timone dell’Ente di aviazione civile si dice convinto che viste le difficoltà della finanza pubblica - «sia doveroso che le funzioni pubbliche, qualora si goda di un trattamento economico di attività o di quiescenza a carico dello Stato, vengano svolte gratuitamente. E a questa posizione mi atterrò se sarò riconfermato».
© 2013 da 'La Stampa'. Tutti i diritti riservati
SU