Il nodo della nutrizione assistita un atto medico per specialisti

La cosiddetta legge Calabrò sul testamento biologico, approvata alla Camera e ora al vaglio del Senato, dovrebbe avere una nuova accelerata dopo il caso di Treviso. Il decreto di un giudice che riconosce a una paziente di rifiutare le cure salvavita e che affida al marito, nel caso la donna non fosse più cosciente, il garantire che le volontà della moglie siano rispettate dai medici. La legge Calabrò non consentirebbe nulla di tutto questo. Critica anche la Caritas Altoatesina che in un comunicato ha sottolineato come la legge in via di approvazione «elimina l'autodeterminazione», andando così contro alla Costituzione e agli standard internazionali.
Un altro punto trova invece il dissenso di buona parte del mondo medico. Ossia, il modo con cui i politici hanno «eliminato» l'ostacolo dell'alimentazione forzata. Le volontà del paziente non hanno importanza perché «non si tratta di un atto medico». E, quindi, non potrà mai essere accanimento terapeutico e nessuno potrà rifiutarla. Nemmeno il medico, nel rispetto del patto di alleanza con il proprio paziente. Gli specialisti in materia, pochi peraltro in Italia, sono rimasti perplessi. «È terapia vera e propria - commenta Paolo Orlandoni, primario di terapia nutrizionale all'incirca di Ancona -, con tanto di linee guida. Durante il dibattito politico ho sentito definirla "nutrizione assistita, erroneamente definita artificiale". In realtà è un atto medico paragonabile alla dialisi. Non è come "dar da mangiare agli affama ti" (solo in una piccola percentuale di soggetti decerebrati può essere così). E per ogni indicazione c'è una miscela di nutrienti adeguata, da studiare con attenzione di fronte a malati che non dicono "ho fame" o "non ho più fame"». Orlandoni non ha tutti i torti. La farmaco-nutrizione in alcuni casi, come negli ictus e in geriatria, è anche efficace. E sbaglia chi sostiene che tutti la possano fare. Peraltro, in molte zone del Paese o mancano gli specialisti o i centri attrezzati. Con rischi da incompetenza. Se si sbagliala miscela si rischia la sottonutrizione o l'ipernutrizione, che in un paziente in stato vegetativo porta complicanze anche gravi. Insomma, nutrendo male si può anche uccidere.
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