Le mosse di un leader che si sente nell’angolo

L’udienza concessa ieri da Giorgio Napolitano a Silvio Berlusconi è l’ultimo tentativo che l’ex premier ha compiuto per arginare i contraccolpi della sua condanna definitiva per frode fiscale. La richiesta di incontro, accolta dal capo dello Stato, va letta in vista del 10 aprile, giorno in cui la magistratura deciderà il suo affidamento ai servizi sociali. Berlusconi vive quella data come l’inizio di una fase nella quale sarà costretto a limitare le sue apparizioni ed i suoi spostamenti: già qualche settimana fa gli era stato vietato di espatriare per una riunione del Ppe. Non si potrà candidare per le elezioni europee di fine maggio, né partecipare come vorrebbe a una campagna in salita per il suo partito. La vicenda un po’ lunare sulla candidatura o meno di uno dei figli, e la scelta di mettere comunque nel simbolo di FI il nome «Berlusconi», conferma quanto acuta sia l’inquietudine.
Gli spazi che la Costituzione lascia al presidente della Repubblica per intervenire in una vicenda che ormai ha consumato tutti i sui passaggi giudiziari, tuttavia, sono limitatissimi. Napolitano ha ricevuto il leader di FI come capo del maggiore partito d’opposizione, così come aveva fatto il 15 febbraio scorso, quando il Cavaliere era andato al Quirinale per le consultazioni per il nuovo governo. Il problema, dunque, riguarda solo le forze politiche. La domanda è come e quanto Berlusconi intende spendere il potere residuo di interdizione che ha, nei rapporti con il governo di Matteo Renzi. Il loro asse istituzionale finora ha retto, permettendo di approvare la riforma elettorale alla Camera. Gli ultimi giorni, tuttavia, segnalano un irrigidimento di Forza Italia; l’accusa al premier di avere violato i patti iniziali; e una puntigliosa offensiva contro l’ipotesi renziana di svuotare il Senato di gran parte dei suoi poteri. Al punto che ci si comincia a chiedere se e quanto questo cambio di atteggiamento, se non di linea, abbia anche a che fare con il nervosismo crescente di Berlusconi per i provvedimenti che verranno presi contro di lui il 10 aprile dai giudici; e dunque se metterà in tensione gli accordi con Renzi.
L’ipotesi, spuntata e smentita a intermittenza, di un nuovo colloquio tra il presidente del Consiglio e il Cavaliere, lascia capire che la questione rimane aperta. Prima, Palazzo Chigi e FI hanno fatto sapere che l’incontro non era in agenda. Poi Giovanni Toti, il consigliere politico berlusconiano, ha ammesso che «se dovesse servire ci sarà». La sensazione è che sia in atto una trattativa tra Renzi e FI; ma che si tratti di un dialogo asimmetrico, perché finora la centralità del premier non sembra minacciata dai malumori berlusconiani. L’ex premier può anche avere la tentazione di far saltare le riforme, ma questo non cambierebbe le sentenze. E soprattutto, rischierebbe di mettere lui e il suo partito nei panni ruvidi di difensori di un mondo pronto a sacrificare ai propri interessi personali quello dell’Italia.
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