Il modo giusto per essere austeri in Europa

Draghi ha ringraziato ieri per i consigli che gli sono giunti da varie parti. Fra le ragioni del rinvio di decisioni monetarie espansive c’è però forse la sovrabbondanza di quei consigli, che sembrano premere sull’indipendenza della Bce. Che è sollecitata a muovere contro la deflazione e l’euro forte anche da esponenti di governi nazionali, che il Trattato vorrebbe zitti su queste cose, nonché da istituzioni internazionali come l’Ocse che normalmente si occupano d’altro. Il messaggio è comunque che, se le nuove previsioni in giugno confermeranno l’inflazione troppo bassa, la Bce userà gli strumenti a sua disposizione.
L’obiettivo sarà però l’inflazione che, nell’analisi di Draghi, è repressa anche dal tasso di cambio forte, che abbassa i prezzi dell’import. Un’espansione monetaria favorirebbe un euro più basso contribuendo a evitare che l’inflazione rimanga per molto tempo troppo sotto il 2% col rischio di diventar deflazione. Il messaggio non è invece che la crescita può davvero venir accelerata dalla politica monetaria. La quale .può darci liquidità adeguata e stabilità monetaria e finanziaria, cioè un ambiente favorevole alla crescita, ma questa dipende da ben altro. Per crescere occorre che l’Europa sappia approfittare di un lungo periodo di tassi molto bassi per curare gli eccessi di indebitamento pubblico e privato e riorganizzare le strutture produttive, i mercati del lavoro e dei capitali, le pubbliche amministrazioni, comprese quella centrale europea, cioè per fare le riforme indispensabili ad aumentare gli investimenti, la produzione e l’occupazione.
Di una di queste riforme, forse la principale, è stata incaricata proprio la Bce, andando oltre la politica monetaria: è l’unione bancaria, che sta richiedendo notevoli sforzi di riorganizzazione e ricapitalizzazione a non poche banche dell’area euro. Alcune riforme devono partire dall’Europa, altre dai governi nazionali. Fra le prime, oltre l’unione bancaria, occorrono soprattutto due cambiamenti. Primo: mettere in pratica una disciplina macroeconomica più attenta alla crescita, cioè alla qualità delle spese e delle iniziative, meno confinata nel puro controllo dei deficit e dei debiti. Secondo: impostare nuove forme di cooperazione con più coraggio, fiducia reciproca fra gli Stati membri, solidarietà e lungimiranza. Armonizzare i sistemi fiscali, mettere in comune più fondi per investimenti decisi insieme, coordinare alcuni aspetti delle politiche di welfare nazionali, che se sono troppo diverse ostacolano l’integrazione, le intraprese multinazionali e la gestione delle migrazioni. E altro ancora. Più Europa, come ha detto anche Draghi. Un’Europa diversa, come dicono in tanti; compresi gli illustri economisti firmatari dell’appello apparso ieri su La Stampa. Un’Europa che non si suicidi con l’austerità, come da tempo si proclama enfaticamente ogni dove.
Purché non si faccia confusione e demagogia. Purché non ci si illuda di uscire dalla crisi stampando più moneta o aumentando i debiti: anche se li mettiamo in comune O famosi eurobonds) i debiti sono già troppi per la capacità di sopportazione delle generazioni che li dovranno pagare, troppi per andare incontro a una fase, che prima o poi verrà, dove i tassi di interesse, dappertutto, ricresceranno per ridiventar normali. Purché non si disconosca che, anche economie torturate da austerità fiscali somministrate in modi e tempi dissennati, anche l’Irlanda, il Portogallo, la Spagna, persino la Grecia, stanno mostrando, come ha anche ricordato ieri Draghi, che le riforme migliorano la crescita perché riconfigurano intere economie in modo più equilibrato e produttivo. E purché non ci si nasconda che anche le riforme indispensabili sono «austere», dato che intere cittadinanze devono disporsi a cambiare regole, comportamenti, abitudini, e a combattere chi trae vantaggio dal non riformare. E non c’è Europa «diversa» che ci scampi da questa austerità delle riforme.
Anzi, è proprio dall’iniziativa comune di un’Europa più unita, solidale, giusta, che originano riforme austere, che gli Stati stentano a fare senza che glielo dica l’Ue: come, per far esempi italiani, la lotta alla corruzione, la cura di clamorosi inquinamenti, l’approntamento di carceri dignitose, magari con fondi tolti a chi li spreca. Vogliamo un’Europa diversa e un’Italia diversa: se sapremo essere austeri nel modo giusto, otterremo entrambe e festeggeremo la vera uscita dall’austerità.
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