È la memoria a costruire il futuro

“O ti mangi sta minestra o ti butti dalla finestra!". Infatti, il nauseabondo Potere partitocratico ci fa inghiottire da decenni una minestra sciapa, senza sale, senza olio, senza sapore, senza condimento (e la chiamano pure "democrazia"!). Ora, siccome ci lamentiamo, giustamente, che questa minestra fa schifo, allora, i gerarchi del Vecchio Regime si sono messi d'accordo e hanno sentenziato che, in effetti, la minestra fa schifo e, perciò, si sono già attivati per venirci incontro: ridurranno le porzioni. Cioè, ridurranno i parlamentari. Avremo così meno democrazia e meno rappresentanza. Complimenti! Da questo punto di vista, ha ragione il direttore del quotidiano "L'Opinione" Arturo Diaconale quando, in un suo editoriale, analizza un tale imbroglio e scrive testualmente: "È il presupposto di una riforma elettorale che, proprio sulla base della riduzione del numero dei deputati e la fine del bicameralismo perfetto, dovrebbe essere caratterizzata da un lato dal ritorno al sistema proporzionale e dall'altro dalla correzione del sistema stesso attraverso l'introduzione di uno sbarramento molto alto diretto ad eliminare la proliferazione dei partiti minori e l'eccesso di frammentazione del quadro politico". Insomma, la partitocrazia vigente vuole una legge elettorale a proprio uso e consumo. A danno dei cittadini, contro gli elettori. È possibile far convivere la democrazia liberale con un sistema partitocratico fondato sulle oligarchie, sulle burocrazie degli apparati e sulle segreterie di partito? Evidentemente no.
Per questa ragione, Marco Pannella ripete spesso che ci ritroviamo, in Italia come in Europa, a dover sopravvivere in un Regime di "democrazia reale". Personalmente credo che i partiti siano indispensabili in una democrazia liberale, ma qui da noi la partitocrazia ha sconfitto i partiti distruggendoli. Del resto, chi ha memoria della storia del nostro Paese sa anche che il partito o i partiti che controllano lo Stato non ne sono controllati. Il futuro dei partiti sta nella possibilità e nella responsabilità di ciascuno di noi di attivarsi per sconfiggere la partitocrazia dominante e trasversale. È soltanto la memoria che può costruire il futuro.
Potrebbe essere sufficiente rileggere Ernesto Rossi quando affermò, nell'articolo intitolato "Le serve padrone", sempre su Il Mondo, il 25 giugno 1950: "La libertà non si difende nascondendo pudicamente i malanni dell'ordinamento democratico in atto, ma sottoponendo tali malanni a un attento esame, per vedere se ed in quanto sia possibile curarli".
Insomma, Ernesto Rossi denunciava "l'estrema difficoltà di una circolazione delle élites e di una vita effettivamente democratica all'interno dei partiti". Ma non basta, Ernesto Rossi cercava il modo per poter dare ai "deputati il lusso di pensare con la propria testa, invece di essere costretti alla disciplina dei partiti a ragionare con la testa degli altri ed a votare secondo gli ordini di scuderia". E con lui, insieme a pochi altri, vi era tutto il lavoro politico svolto da un liberale come Panfilo Gentile, che arrivò a dire: "Il problema più importante sembra essere quello di restituire una voce alle élites tagliate fuori dal giuoco democratico Si tratta solo di fare posto al merito".
Ecco il punto: è necessario cambiare il metodo finora utilizzato per la selezione della classe dirigente e politica. Ci vuole un "metodo liberale" che limiti i danni provocati dai nominatori e che abbia la capacità di riconoscere e valorizzare le attitudini di ciascuno, magari arrivando finalmente a comprendere l'importanza fondamentale rappresentata dalle risorse umane, dalle capacità dei singoli. È la memoria a costruire il futuro. Ma siamo un Paese senza memoria.
Per questo motivo, da decenni siamo imbrigliati nella "transizione infinita" e nell'eterno presente. Perché se i nominati sono effettivamente un problema, non dimentichiamoci che i nominatori sono il problema.
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