Marce o no, i diritti civili non si toccano

Caro Orlando, che il papa avrebbe prima o poi cominciato a fare il papa, lanciando domenica il suo primo anatema, l’ho sospettato ogni volta che diceva buongiorno o buonasera. Prevedibile anche che sarebbe accaduto in un’occasione speciale, domenica "festa della mamma", commemorazione di Giorgiana Masi uccisa nel 1977, anniversario della grande vittoria laica (referendum sul divorzio 1974). Ha chiesto la tutela giuridica dell’embrione. Non è nemmeno medioevo, perché allora non si sapeva neanche cosa fosse un embrione, ma i secoli bui si sono rifatti vivi coi trentamila pre-life (o post-life, all’occasione). Nessun rispetto per la donna che sceglie di abortire, per il parlamento che ha creato la legislazione dei diritti. Buongiorno.
Paolo Izzo, radicale
Caro professore, il 12 maggio 1974, Pietro Nenni annotò nei suoi Diari: «Non avrei mai immaginato di fare un comizio con Malagodi». Si riferiva a quello con cui i leader di Pci, Psi, Psdi, Pli, Pri festeggiarono la vittoria nel referendum voluto dai clericali per abrogare la legge Fortuna-Baslini: che aveva introdotto in Italia il divorzio, promosso da Marco Pannella e dai radicali e tradotto in proposta di legge dai due deputati del Psi e del Pli. Tre anni dopo, il 12 maggio 1977, la studentessa radicale Giorgina Masi (per tutti Giorgiana), fu uccisa in una manifestazione celebrativa vietata dalla questura: crimine su cui la procura di Roma del dottore Santacroce avrebbe potuto indagare di più.
Dopo quasi quarant’anni, domenica scorsa Roma è tornata alle processioni di chi vuol proibire agli altri aborto, divorzio, eutanasia, ricerche sulle staminali; e ai divieti della questura di manifestare per Giorgiana e per i diritti non negoziabili, conquistati o ancora da conquistare. Questa retrodatazione della storia mi fa pensare tra l’altro, come scrivevo ieri, alla drammatica estraneità del Pd alle culture liberali e socialiste, che con Fortuna e Baslini dimostrarono di poter spingere la società in avanti. Sicché il Pd s’è ridotto a un concilio di chiese (laiche o religiose, con papi e antipapi) estranee ai valori di secoli di pensiero laico democratico. Primi, fra tutti, la parità dei diritti (articolo 3 della Costituzione) e il senso dello Stato: che significa eguaglianza della legge e laicità delle istituzioni. Il resto è miseria.
Se la processione coi falsi feti appesi alla croce fa pensare alle masse analfabete delle "insorgenze" antifrancesi del ‘700, le schermaglie Alemanno-Marino su come si rispetti di più la vita, se andando o no alla processione, fanno pensare a quanta strada debba fare la politica per rendersi "autonoma" nel pensiero e nelle leggi. Così come l’occupazione "femminista" dell’omaggio a Giorgiana, fa pensare a quanto i partiti, ectoplasmi di quelli del divorzio e dei diritti, si siano allontanati dalla gente, cedendo spazi ai "movimenti". Che rappresentano una sola faccia della società.
Contrapporre ai "feti non nati" il "corpo delle donne" è guerra fra tribù, in nome dei rispettivi feticci. Mentre i problemi della nascita e della difesa di tutti i corpi e gli spiriti appartiene alla cultura: quella che i partiti hanno smesso di praticare. Inutile ripetere qui, in questo giornale libero, le medicine. Ma il Pd, tra un’imboscata e una congiura, ci pensi un po’.
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