Ma quali segreti?

Dalla Rassegna stampa

Chissà se, nel giornalismo italiano, esiste ancora la figura del vaticanista? Il vaticanista di un tempo doveva raccontare quanto accade dietro il portone di bronzo (come si usava dire); fare informazione insomma, però nel rispetto assoluto di regole non scritte ma rigorose - possedere compunta moderazione, abile riservatezza, capacità di mantenere il silenzio su quanto visto o ascoltato, ecc. - sotto pena di non essere più ammesso alle segrete cose o ai "suggerimenti" riservati e confidenziali dei competenti a tenere rapporti con la stampa italiana. Da profano, pensavo che quello del vaticanista fosse uno spazio giornalistico privilegiato ma un po' anomalo.

Ci sono ancora, sicuramente, giornalisti specializzati nelle faccende vaticane. Ma non mi pare che essi abbiano la stessa importanza e funzione di un tempo. Soprattutto, mi pare non siano più necessari. Si è spento l'alone che aureolava una professione di così studiata vocazione. Come peraltro sembra svanito il mito di un Vaticano dietro le cui mura fin dall'epoca dei Borgia - possano accadere efferatezze, delitti, avventure torbide, di quelle su cui sono costruiti "Les caves du Vaticain" di André Gide o, "Les clés de Saint Pierre" di Roger. Peyrefitte, e che richiedevano, appunto, il tatto del vaticanista. Non che vicende scottanti non vi siano accadute anche recentemente, ma non sono più trattate da vaticanisti. E non parlo di sesso proibito o di finanza nera, il vaso di Pandora ha traboccato ben oltre. In questi giorni la stampa si è occupata di questioni addirittura drammatiche relative alla vita interna della chiesa romana. Da una parte, la incredibile propalazione di documenti che sostengono che Papa Ratzinger sarebbe a rischio di vita e che già si stanno avanzando, o "bruciando", nomi di possibili suoi successori; dall'altra l'emergere di veri e propri scontri "politici" o comunque di potere tra personalità e istituzioni di Curia. In altri tempi, notizie come queste sarebbero state - ad opera dell'affidabile vaticanista - sforbiciate, minimizzate, riferite nella loro versione più benevola e inoffensiva; oggi, esse vengono riportate con una spietata virulenza da una stampa irrispettosa.

Un giornale ha titolato "In Vaticano c'è una guerra santa", con "regolamento di conti tra porporati. Che però ha come vittima Benedetto XVI". Incredibile. Rotte le inibizioni e le prudente del vaticanista, una sacralità collaudata si sbriciola. E' impossibile che l'apologeta di turno tenti ancora di sostenere la diversità ontologica delle vicende della chiesa, la quale - come ha scritto uno studioso e giornalista non certo affetto da laicismo - se è "istituzione umana", è però anche "involucro storico (...) per contenere un Mistero metastorico", che non potrà mai essere interpretato con canoni laici in quanto segue un cammino la cui "ratio" può essere percepita solo attraverso il filtro dell'ermeneutica sacra.

Gli oscuri maneggi vietati
La chiesa rivendica il diritto a organizzarsi secondo regole proprie, che non potranno mai essere di stampo "democratico". Il refrattario assolutismo del soglio di san Pietro si erge come dogma, dunque pilastro incrollabile del sistema ecclesiale romano. Ne ha il pieno diritto, è addirittura questa la sua essenza profonda. Tuttavia, proprio queste caratteristiche rischiano di diventare, o apparire, insostenibili. Su di esse si appuntano le critiche più severe. Il già citato studioso-giornalista solleva un elenco impressionante di critiche alla gestione delle "interna corporis" vaticani, ma soprattutto deplora la mancanza, se non di "democrazia", almeno di una collegialità episcopale, tratteggiata dal Vaticano II ma restata "rata et non consummata": una elefantiaca curia, arroccata nei suoi oscuri maneggi vietati anche al più discreto vaticanista, è divenuta così "terreno di lotta", nel quale divampano "conflitti di potere segnati dalla 'mondanità' e dal 'carrierismo". Questa situazione non è "insolita" nella chiesa di Roma, nell'articolo si evocano altre vicende recenti, non solo quella del Paolo Sarpi pugnalato da sicari papali che se ne esce con la famosa battuta: "Agnosco stilum romanae Curiae". Ma, nella sua profonda indignazione per il "polverone" che "dà della chiesa cattolica e degli italiani una immagine tremenda" e "desolante", lo scrittore non avverte che anche i tempi sono cambiati, e profondamente. Quel che ieri non c'era e oggi invece detta le sue leggi è la profonda, irreversibile laicizzazione dell'informazione. In altri tempi, la diffusione e circolazione delle notizie era ristretta, rispettava in qualche modo il senso della storia "sacra" che la chiesa rivendicava a sé. Oggi l'informazione, anche dissacrante, è il fondamento stesso della società, almeno quella democratica. E' inutile demonizzare i social network o Wikileaks. La chiesa - o il Vaticano - non avverte i segni del nostro tempo, resta chiusa a riccio, difendendo gelosamente nel proprio seno i propri traumi, le proprie miserie. Purtroppo, puntare sulla segretezza o sulla riservatezza è ormai una illusione. Il vaticanista è figura antidiluviana: può piacere o no, ma la laicità, la società laica richiede ben altro.

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