Ma l’onda lunga arriverà anche nel nostro paese?

Dalla Rassegna stampa

Tema ad altissimo tasso di reattività polemica, quello del riconoscimento dei diritti per le coppie omosessuali sta assumendo solo ora una qualche rilevanza nella campagna elettorale italiana proprio sulla scia mediatica dei ben più avanzati interventi legislativi britannici e francesi, che sui matrimonio gay stanno provando a chiudere il cerchio. Nell’Italia del Family day e dell’inabissamento dei cauti Dico, nel paese in cui una regolamentazione in materia ancora non esiste, meglio non svegliare il can che dorme, che poi spunta sempre un Gasparri che al minimo movimento ricicla dal fondo del barile l’evergreen della sinistra che – o tempora o mores – vuole la droga di stato e, appunto, i matrimoni gay.
Va detto che, dopo tanto discutere e sovente litigare, accantonati gli “opposti estremismi” (puro diritto civile- scuola Fioroni; matrimonio per le coppie omosessuali- scuola Concia-Scalfarotto), il Pd, partito che guida il centrosinistra, si è attestato sul modello della civil partnership di tipo tedesco. Il quale, almeno a livello generale, fa più di un passo avanti rispetto ai Dico e sulla quale Nichi Vendola ha già fatto sapere di non voler aprire questioni. Anche se, in probabile affanno per la progressiva flessione nei sondaggi, ieri sul Fatto Quotidiano ribadiva che pur rispettando il programma della coalizione, non mancherà di presentare come Sel una proposta di legge sul matrimonio omosessuale. Nichi marca così un territorio sensibile a sinistra, e ricorda, in un botta e risposta con Alemanno, quanto Roma si sia di recente distinta per una serie non proprio virtuosa di aggressioni agli omosessuali. La qual cosa rimanda a un altro nodo particolarmente delicato, e che, per ragioni diverse, finora non si è riuscito a sciogliere in parlamento, quello del varo di una legge che sanzioni l’omofobia.
Alle parole di Vendola fanno da contrappunto, ma sul versante opposto, quelle del neopresidente del Pontificio consiglio per la famiglia Vincenzo Paglia, storico prelato di riferimento della Comunità di Sant’Egidio, che invita «a individuare soluzioni di diritto privato e prospettive patrimoniali» alla luce del fatto che le convivenze non famigliari sono molteplici, incluse quelle omosessuali. Soluzioni di diritto privato nell’ambito di diritti individuali da garantire, nulla a che vedere con una legge specifica e, ovviamente, con il matrimonio. Con il “progressista” Paglia, la Chiesa esplicita una posizione maturata con fatica, che cita apertamente i gay – e non è poco –, ma che non esce dall’ortodossia della tutela dei diritti individuali della persona, non della coppia.
Il punto vero, ora, è capire che cosa potrà capitare nel nuovo parlamento. Se, alla fine, a una qualche forma di normativa si riuscirà ad arrivare, tenuto conto che persino la lista montiana ha fra i suoi candidati esponenti del movimento dei diritti dei gay (pur con la non trascurabile rinuncia di Alessio De Giorgi). Se davvero si riuscissero ad abbandonare i massimalismi da destra e da sinistra, senza trascurare le sensibilità cattoliche, la svolta potrebbe anche arrivare. Perché oltre a un pezzo della pattuaglia finiana ed eventuali dissidenti pidiellini, c’è l’ingresso dei grillini e dei parlamentari ingroiani. Con i Cinque Stelle che al senato avranno il loro peso numerico, più di Ingroia. E non è detto che se su molto del resto con il centrosinistra potrebbero essere, citando Fossati, «giornate furibonde», sul riconoscimento dei diritti delle coppie di fatto, gay inclusi, alla fine non si arrivi a un compromesso accettabile. Arrivando così a garanzie che solo in Italia sono assenti.

 

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