L'obiettivo: un governo senza il Pdl fino all'autunno

Dalla Rassegna stampa

L’obiettivo di Pier Luigi Bersani resta uno: chiudere ogni spazio a possibili governi con il Pdl di Berlusconi. Pur restando intatto il timore per i mercati, la riunione della direzione del Pd dovrebbe dare a Bersani una decisiva mano per presentarsi à colloquio con Napolitano. Nella sua relazione non ci sarà un’esplicita richiesta di elezioni anticipate, qualora fallisca il tentativo di metter su un governo, «solo perché la fine del settennato rende indisponibile l’eventualità», si spiega al Nazareno.

La tensione con il Colle resta alta, ma nel Pd bersaniano la sfida ai grillini, ai quali si continua ad offrire la possibilità di «partecipare à cambiamento del Paese», si accompagna sempre più ad una dose di realismo. I numeri in Parlamento costringono il segretario a immaginare un governo che porti il Paese al voto pur dopo aver esperito il tentativo di coinvolgere il M5S. Il braccio di ferro sulla data del ritorno al voto - giugno o ottobre - non è questione da poco. Sulla prima data punta chi non accetta mediazioni, come Fassina, Orfini e Vendola, e vorrebbe fosse lo stesso premier Monti a riportare gli italiani alle urne per evitare un governo nuovo difficile poi da buttar giù. L’autunno è invece l’obiettivo minimale di chi (renziani, veltroniani e area Franceschini) punta ad un governo tecnico la cui durata potrebbe allungarsi di due o tre anni per fare le riforme non fatte nell’ultimo anno di legislatura. Una settimana dal risultato elettorale non sembra però tempo ancora sufficiente per rimettere insieme Pd e Pdl. O meglio, Bersani e Berlusconi. Proprio la presenza in Parlamento del Cavaliere sembra l’impedimento più rilevante. Al punto che i più stretti collaboratori dell’ex premier, sondato il pericolo, hanno cominciato ad avvertire che Berlusconi «non ha nessuna intenzione di fare passi indietro». In una situazione di tale incertezza e con una miriade di processi in corso, è difficile che Berlusconi decida di prendere l’elicottero come Benedetto XVI per permettere la nascita di un governo Pd-Pdl-Scelta Civica. Non resta quindi che affidarsi a senso di responsabilità dei partiti i quali potrebbero ricevere un’involontaria spinta dai mercati.

A giudicare «una catastrofe» il voto anticipato, non è solo Emma Bonino, ma lo stesso Cavaliere che in queste ore valuta ogni opzione pur di sedersi al tavolo della trattativa. Compresa l’eventualità di appoggiare Bersani nella corsa al Quirinale cha matura nei contatti telefonici anche con esponenti di Pd e Scelta Civica. Difficile però che la sirena presidenziale possa scalfire la linea di Bersani che resta quella della sfida a Grillo. «Non si comprende la pericolosità di questo movimento. Se non lo fermiamo ora non lo fermiamo più», sostiene Bersani nei ragionamenti che fa con i suoi collaboratori. Il dibattito che si è aperto dentro al M5S sembra dar ragione alla strategia del segretario che però deve fare i conti con il duo Grillo-Casaleggio che in più di un’occasione ha dimostrato poca tolleranza per il dissenso interno. Il Pd a trazione Bersani intende però portare la sfida sino all’ultimo. Passando magari anche per il voto che la prossima settimana ci sarà per eleggere i presidenti delle camere, nel quale non si esclude di poter dare ai grillini una delle due ambite poltrone alle quali, come il regolamento prevede, ne seguiranno altre.

 

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