È l'Europa, non la Lega, la chiave per crescere

Dalla Rassegna stampa

Cara Europa, mentre Bossi, che deve avere bei guai pregressi se abbaia ma si trova sempre pronto ai richiami di Berlusconi (vedi voto per salvare Cosentino: anche per lui, come per i radicali Turco e Bernardini vostri alleati, c'è fumus ma non arrosto nelle "carte" sul casalese); il governatore Zaia annuncia al Messaggero Veneto che i veneti avranno un loro statuto, una specie di seconda costituzione. L' ho appreso da qualche notiziario. Ma qui quel giornale non c'è e non ho potuto avere conferma della notizia, incredibile se non fossimo fra gente che brinda alla Scozia come prossima frattura dell'Europa. Dopo brinderanno a Bretagna, Galles, Corsica, Paesi Baschi e via jugoslavizzando, in nome dell'autonomia valligiana, mentre nel mondo avanzano paesi da un miliardo e mezzo di abitanti come Cina e India, o grossi come continenti, quali Russia, Brasile, Australia. Ma quando si decideranno i padani a scendere dagli alberi della foresta?
Giovanni Cremona, Bologna

Federico Orlando Risponde
Caro Cremona, non so nulla di Zaia e della sue presunta costituzione veneta, anche perché sono anni che con Google e altri motori di ricerca si può trovare sulle presunte aspirazioni nazionali di certi maneggioni veneti tutto quello che la sua e la mia fantasia non riuscirebbero mai a immaginare: perfino fondazioni e fusioni di nuovi partiti della nazione o dello stato veneto, col proposito di recuperare la libertà della Serenissima «conculcata dalla potenza occupante e colonialista italia» (italia rigorosamente con la minuscola). Per dire, mentre l'appello al parlamento contro l'incostituzionalità della Lega, lanciata due anni fa su Europa e altri quotidiani restava inevaso, il 12 maggio scorso qualcuno celebrava in baita i 214 anni «dell'infausta abdicazione del Maggior Consiglio, che pose fine alla Serenissima Repubblica di Venezia». E si consolava col fatto che la Scozia perse il regno 304 anni fa, e oggi il suo parlamento regionale, grazie alla maggioranza che vi hanno i nazionalisti, lavora per il referendum della secessione. In agosto, veniva presentato in una località del bellunese, Farra d'Alpago, il nuovo partito “Veneto Stato”.

La notizia che lei mi dà, se confermata, rientrerebbe in questo pentolone, che dimostra due cose: che la Lega vive di fantasie antistoriche specie e nel momento in cui Italia accentua o ritrova la sua leadership in Europa e il suo patriottismo europeo; e che a certi veneti non va bene nemmeno la Padania, vogliono le galee col leone di San Marco, magari ormeggiate a Portorose, nella vicinissima Slovenia: come ha già fatto l'ex governatore e ministro della repubblica Giancarlo Galan, che la sua barca l'ha messa un po' più giù, a Rovigno in Croazia, per non pagare le tasse allo stato italiano.

«Non siamo polli da spennare», dice a sua volta l'ex ministro dell'interno Roberto Maroni, che sta discutendo con gli amici se la barca stazionata in Sardegna «non sia meglio mandarla in Tunisia, o a Saint Tropez» (legga il Corsera di ieri). Moltissimi sono gli italiani non leghisti che da sempre la cui attività politica per cambiare le cose si riduce al trasferimento all'estero di barche e capitali. Però non dicono di farlo in nome della Serenissima o del Ducato di Milano o del Regno delle Due Sicilie. Trovo miserabile dover parlare (e nel mio caso anche scrivere) di queste cose, mentre milioni di concittadini spaccano il centesimo, e si chiedono se Monti ce la farà a trarci fuori dai guai.

Purtroppo, c'è l'altra Italia, dal tassista all'avvocato, dal medico al farmacista al notaio al commercialista indisponibile a qualsiasi apertura della corporazione per rendere meno costosa al consumatore la loro prestazione professionale. In questo quadro di sradicati e di riluttanti a qualsiasi governabilità del paese, ci sono anche i leghisti d'ogni colore. Non sempre sono i peggiori. Peggiore è l'idea di secessione, specie mentre occorrerebbe riflettere su cose serie, come quelle esposte anche ieri da Monti al parlamento.

Il fulcro del problema italiano, insieme a un civismo che tolleri tagli equi alle entrate e alla spesa, sta nella crescita di un paese da troppo tempo seduto: "riduzione dei tassi", per ripartire, cioè aumentare quel che si mette sul tavolo per spartirlo fra italiani. Superando l'attuale lotta civile attorno alla fetta di pane insufficiente. L'unità d'Italia, sia nella vecchia forma dello stato nazionale che nella nuova dell'Unione europea, ne dipendono.

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