Lettera - Se l'alimentazione forzata non aiuta i malati

Dalla Rassegna stampa

Caro Augias, sono un medico, insegno "Scienza del cibo e nutrizione umana" alla Sapienza di Roma. Giorni fa lei ha parlato di un signore di 98 anni con grave deterioramento cognitivo sottoposto a nutrizione artificiale in nome di un malinterpretato, a mio avviso, rispetto per la vita. Condivido la tristezza dei parenti. Aggiungerei che non so a quale "coscienza" abbia fatto riferimento la giovane collega nell'imporre la sua decisione, ma so per certo che la "scienza" ha da tempo dimostrato che la nutrizione artificiale in pazienti in fase terminale affetti da demenza non ha alcun effetto sulla durata della vita (lo conferma anche il caso in oggetto), comporta quasi sempre un aumento delle complicanze e peggiora sistematicamente la qualità di vita dei pazienti. Trovo infine scorretto (sia umanamente che eticamente) che un medico faccia leva su sentimenti quali l'affetto per i propri figli per giustificare una sua decisione.
Professor Lorenzo M. Donini - Roma
Il caso del signore quasi centenario nutrito tramite sondino naso-gastrico ha turbato molti lettori. Il poveretto si strappava quell'inutile sonda che il giovane medico la mattina dopo rimetteva in situ. Ho ricevuto anche alcune critiche rivolte ai parenti del poveretto (e indirettamente a me): se i parenti avessero riportato a casa il vecchio signore invece di lasciarlo in una clinica, lo strazio sarebbe stato evitato. “Perché non s'è fatto? Chiedeva un lettore rispondendosi da solo: Perché un vecchio malato in casa infastidisce". Il dottor Giovanni Moschini (giovanni.moschini4 @ tin.it) si chiede che cosa sarebbe successo al giovane medico che insisteva col sondino se si fosse decisa a toglierlo: “Sarebbe finita negli stessi guai del medico che si "offrì" a Welby. Venne poi assolto, ma dopo vicende giudiziarie dall' esito non scontato”. C'era un modo per risolvere la situazione: una "dimissione" concordata con i parenti, ma firmata come "richiesta" dai parenti "contro il parere dei sanitari" e affidamento a terapìe "a giudizio del curante" (di famiglia) precedentemente contattato. Lo si è sempre fatto. Un impegno quindi diretto dei parenti e del medico di famiglia per condurre ipocritamente, ma di necessità, una missione sulle soglie del nulla”. Il senatore Beppe Pisanu quando si cominciò a discutere di una legge sul "testamento biologico" ebbe a dire: “Nella stanza del malato c'è il malato, i parenti, il medico: tutto dovrebbe svolgersi come sempre è accaduto in passato e invece no, arriva lo Stato e dice Fuori tutti !". Lì è il vero problema: una legge che non distingue da caso a caso (nessuna legge potrebbe) e che, se applicata, sarà implacabile. Per fortuna, come molte leggi in Italia sarà elusa restando una pura affermazione ideologica.

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