Lettera - Pisapia, Vendola, Tondo i diritti civili premono

Dalla Rassegna stampa

Cara Europa, mi spiacque qualche sera fa la “spiritosa” contestazione gay-lesbo a Rosy Bindi, a base di riso e paillettes, che il vostro direttore Menichini ha giustamente trattato come una provocazione fuoriluogo e controproducente per gli stessi diritti civili invocati. Il problema è che, purtroppo, in Italia chi aspira al riconoscimento dei diritti civili cosiddetti “etici”, non riceve risposte, salvo da quei sindaci che nel loro comune aprono registri per le coppie gay e ne celebrano anche i “matrimoni”, con valore più simbolico che pratico. Mi chiedo se il governo, che gli italiani sostengono non senza sacrifici per ridurre lo spread finanziario, non possa dimostrare qualche attenzione anche per quelle parti del paese che sentono l’urgenza di conquistare i nuovi diritti: anche se il cardinal Bagnasco “giudica e manda”, come quel personaggio che un mio lontano concittadino descrisse in funzioni non propriamente angeliche.
Flavia Ridolfini, Firenze

Cara signora, comprendo l’afflato umano e civile che – proprio in un giorno come questo, XX Settembre, festa della civiltà laica moderna oltre che dell’unione di Roma all’Italia – la spinge a scriverci su questi problemi, che sono altrettante piaghe aperte nel nostro stato democratico di diritto e che non si risolvono col lancio di paillettes ed altre goliardate. Men che meno scambiando gli amici per avversari. L’altra sera a Ballarò qualcuno ha ricordato che la ministra del lavoro Fornero è anche ministra delle pari opportunità. E io mi auguro che, in una pausa degli assilli finanziari ed economici, si trovi anche un po’ di tempo per gli italiani di serie B, marchiati dalla nostra cultura clericale come l’adultera di Lettera scarlatta con la A sulla camicia. (Era l’America profonda e buia dei fondamentalisti, che non le perdonavano la maternità, generata da un prete; e che ritorna oggi nelle sprezzanti parole di un candidato alla Casa Bianca, che disprezza il 47 per cento dei suoi concittadini perché poveri, e dunque parassiti, e dunque non interessanti per lui, che vuole un’America per ricchi). Ho letto ieri le irrisioni di Libero al sindaco Pisapia, che ha celebrato matrimoni gay e lesbo; e ho letto su Pubblico l’intervista di Vendola, il suo desiderio di «fare un figlio», credo nel senso dell’adozione, ove questa fosse estesa alla coppie gay con gli stessi doveri e garanzie severe che si chiedono alle coppie etero. Toccante è il suo racconto della cura dei nipotini, del saper ascoltare e imparare dai bambini e spesso farsi educare da loro. Se però la questione del matrimonio o dell’unione fosse solo nominalistica, io sarei favorevole a superarla, come l’aveva superata Grillini quando in parlamento diceva di «non volere» il “matrimonio” per i gay, ma la loro eguaglianza nei diritti e nei doveri a tutti gli altri cittadini.
Eguaglianza si vorrebbe anche per i malati terminali, che non debbono più essere strumenti per orde fanatiche e salmodianti per la “vita” di Eluana, ridotta a un groviglio di carne e ossa, «come un gomitolo di lana». E in parlamento c’era chi mentiva descrivendola come donna sana, coi cicli regolari, forse ancora buona a far figli: lei, il «gomitolo di lana». Oltraggio simile alla dignità umana credo che non l’avessero concepito nemmeno gli inquisitori spagnoli o romani.
Legga sul Corriere di ieri la devastante intervista di Renzo Tondo, presidente del Friuli e deputato pdl, che dopo due anni non ha voluto più essere complice di delittuosi silenzi, e ha detto come era ridotta Eluana nella clinica di Udine. Bellocchio ha provato a descrivere il dramma, ma ai giurati veneziani è sembrato «provinciale»: quasi che quel dramma non possa colpire tutti, non sia universale, e non vada “risolto” con leggi criminali ma nella pietà di medici e famiglie. In parlamento giace anche la legge sul divorzio breve, che invece di abolire i tre anni della separazione legale si limita a ridurli, conservando così il doppio giudizio (per la separazione e per il divorzio), le doppie spese, il doppio macigno sulla strada di un diritto a suo tempo voluto dal legislatore e invano contestato con un referendum abrogativo. L’elenco delle arretratezze italiche è lungo. Lei suggerisce uno slogan: noi sosteniamo Monti nella riduzione dello spread finanziario, Monti sostenga l’Italia progressista a ridurre lo spread dei diritti.
Bello, ma è il parlamento che deve assumersi le sue responsabilità. Deve cancellare la cultura musulmana che è tra noi, fare leggi “come se” fossimo un paese laico, moderno.

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