Lettera - Pannella: torto e ragione

Dalla Rassegna stampa

Caro Colombo, secondo te bisogna rischiare di morire per attrarre un briciolo di attenzione su questioni grandi come una casa, come l'illegalità e i carcerati? Come hai capito mi riferisco al digiuno estremo di Marco Pannella.
Michele

Marco Pannella ha una grande ragione e un grande torto. La ragione è di avere visto con chiarezza un punto in cui il male italiano, così generale (ma anche percepito in modo generico) e diffuso (dunque "tipico" e perciò tollerato) diventa una causa specifica di dolore e di morte, con i suoi volti; i suoi corpi, le sue vite accatastate in spazi invivibili: i carcerati. L'improvvisa, implacabile concretezza dell'impegno preso (liberare i carcerati dalla tortura), deve essere apparso irritante sia alla politica sia alla stampa italiana che usano invece la lingua diversa e protettiva del politichese o del giornalistese, con cui si riesce a sostenere di avere "denunciato a suo tempo, questa o quella cosa", ma senza essersi esposti, senza avere rischiato e senza che i cittadini capiscano di che diavolo si sta discutendo. In questo senso Pannella è brutale. Non smette di ripetere, di interrompere, di ricominciare da capo, calmo o in tensione, febbrile o ragionevole, gentile o aggressivo. Si è capito presto che l'unico modo era di togliergli microfoni e punti. di contatto con l'opinione pubblica. E vero, c'è Radio Radicale, ma per il resto la consegna è fare finta di niente. Di qui la testardaggine di un uomo che invece di smettere con buona educazione e di restare nel suo recinto, ne esce usando se stesso come un kamikaze a rovescio: giocarsi (o almeno rischiare molto) la sua vita per portare un po' di vita ad altri. Potete immaginarvi il fastidio che dà. Ma c'è il torto di Pannella. Il torto è di credere ancora, dopo tutto e nonostante tutto, che ci sia una opinione pubblica "sveglia" (nel senso di non addormentata) pronta a raccogliere. Non c'è perché, dopo decenni, l'anestesia funziona. E la crisi diminuisce, non aumenta quel tanto di altruismo che altrimenti ci sarebbe persino in un Paese di corporazioni e di separazioni rigide fra un gruppo e l'altro. Marco Pannella sta rasentando l'estremo in un silenzio che fa paura (a parte l'espediente di celebrarlo come si celebrerebbe il personaggio del giorno) e che ha il nome desolante di disattenzione autorevole. Non resta che restargli vicino e fargli da portavoce. Nel senso letterale: portare un po' più in là il suo messaggio, impedendo che si celebri il grand'uomo, ma non la sua ragione.

 

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