Lettera - La fiction su Enzo Tortora

Con riferimento alla fiction sulla vita e sulla vicenda giudiziaria di Enzo Tortora (Corriere, 11 febbraio), mi preme precisare alcuni aspetti. Nei mesi passati ho avuto modo di leggere la sceneggiatura e di dialogare con gli sceneggiatori proprio perché il film fosse una storia-verità. D'altronde, vivendo in via dei Piatti 8, ho condiviso con Enzo ogni momento della sua difesa giudiziaria e della sua battaglia politica, oltre che della sua malattia. Il 5 dicembre ho inviato una mail a Ricky Tognazzi nella quale preciso (riprendo testualmente) che è «la vera storia di Enzo che deve venir fuori. Un film verità che inchiodi i magistrati alle proprie responsabilità, che sottolinei la grandezza di un uomo che da vittima, perseguitato, diventa protagonista di una battaglia dì giustizia. Ancor più se personaggio famoso, amato da milioni di telespettatori. Ecco perché non si può svilire il ruolo di Raffaele Della Valle (lo studioso delle carte processuali, portavoce del collegio di difesa e di contro il portavoce di Enzo presso il collegio di difesa) o di Marco Pannella (senza il quale la storia sarebbe un'altra): la vita di Enzo era questa. È morto facendo collegamenti radiofonici o televisivi in voce per la sua battaglia, per denunciare le disfunzioni del sistema Italia. Per dire che la malagiustizia può uccidere. Prima di morire Enzo mi ha passato il testimonio della sua battaglia: se non dicessi queste cose tradirei quel mandato. E, infine, un ultimo spunto sulla mia storia con Enzo: è stata una bellissima storia d'amore che ci ha aiutato ad affrontare anche í momenti più brutti, miei e suoi, con amore, con il sorriso, la complicità, la forza, la determinazione di chi sa dì non essere solo. Perché eravamo insieme». Una storia d'amore confermata dalle tante lettere che Enzo mi ha scritto dal carcere e che finora ho conservato gelosamente nel cassetto della mia vita. Lettere che parlano di noi ma anche dell'inchiesta, della situazione carceraria, di quei magistrati napoletani che non l'avrebbero «mollato» facilmente, della sua determinazione ad uscirne a «testa alta». Credo sia arrivato il momento di aprire quel cassetto.
Francesca Scopelliti
Grosseto
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