Lettera - C'è qualcuno che sta peggio

Dalla Rassegna stampa

Caro Furio Colombo, ormai da anni si ripetono gli stessi logorati slogan: la situazione delle carceri è esplosiva, la civiltà di un Paese si misura sul sistema carcerario. Sono d'accordo, ma c'è ben altro. La civiltà di un Paese si vede anche dalla assistenza ai più deboli, agli handicappati, dal funzionamento del sistema ospedaliero. Sarei soddisfatto se i Radicali pensassero anche a queste priorità.
Giorgio

Credo di poter rispondere: è vero che c'è ben altro, ma quel ben altro non è che il riproporsi con altre facce e altri tormenti dello stesso problema. Sarebbe come dire: "Bravi voi che vi occupate del Tibet, ma dei perseguitati del Saharawi non vi importa nulla?". È una sorta di divaricazione impossibile, perché ognuno di questi impegni rappresenta gli altri e qui c'è la sottile impalpabile differenza tra il volontariato religioso e l'impegno politico. In un caso prevale l'amore di Dio che è certamente di grande importanza visto che cambia tante vite di qua e di là dalla linea del bisogno e della salvezza. Di là c'è la decisione di non tollerare che tante ingiustizie vengano compiute a danno di cittadini che hanno uguali diritti, che tante illegalità vengano tollerate, sapendo che illegalità vuol dire un mondo distorto, sempre a favore di qualcuno e contro qualcun altro, dunque vuol dire uso ingiusto del potere. È evidente, perciò, che non c'è un prima e un dopo, un sopra e un sotto, una corsia preferenziale per questa ingiustizia o illegalità contro un'altra altrettanto grave che viene trascurata. Se parliamo di Radicali, come suggerisce il lettore, diciamo anche che la loro instancabile (qualcuno direbbe ossessiva) pedagogia è fondata su una specie di iper-attivo coinvolgimento con sempre nuovi fatti non tollerabili, non uno dopo l'altro o uno a preferenza dell'altro. Ma, paradossalmente, tutto insieme e (dice qualcuno, facendo il verso agli scioperi della fame) in un modo un po' folle, visto che il buon senso direbbe che non tutto è possibile. Qui il punto è: certo non è possibile fare davvero tutto insieme, ma non è accettabile che certe cose accadano senza provocare attenzione e intervento. Lo slancio religioso per ragioni di vita eterna non ha niente da imparare da questa ostinazione. Ma per la politica, come attività che si propone di cambiare il mondo, è un modello di comportamento fastidioso. Ma alquanto diverso dalla routine. E qualche volta un po' di mondo lo cambia davvero.

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