Legge 40 ancora in attesa del ricorso

Cinquanta giorni sono trascorsi dalla sentenza con la quale la Corte europea per i diritti dell'uomo ha condannato l'Italia perché la legge 40 sulla procreazione assistita non consente l'accesso alla maternità in provetta anche a coppie fertili portatrici di malattie genetiche che desiderano selezionare in vitro il figlio potenzialmente sano. Da quel 28 agosto l'Italia aveva tre mesi di tempo per presentare ricorso e difendere la sua legge, e in realtà ha più volte annunciato l'intenzione di farlo tramite il ministro della Salute Balduzzi. Alle parole non sono ancora seguiti i fatti, e il count down per la doverosa tutela di una legge dello Stato oggi segna meno 48.
Dal Ministero si fa sapere che la materia è assai complessa, e il ricorso va giustamente studiato con attenzione per evitare sorprese in secondo grado. Ma nel frattempo sul governo si concentrano le pressioni degli storici detrattori della legge, che vorrebbero modificarla ma non hanno il coraggio (e i numeri) per farlo in Parlamento. E ricorrono a tribunali e lettere aperte, come quella firmata lunedì da 29 personaggi vicini alla sinistra e ai radicali (tra loro Carlo Elamigni, Giulio Giorello, Marilisa D'Amico, Franco Grillini e Maurizio Mori) e indirizzata a Mario Monti per chiedergli di non presentare il ricorso alla Grande Chambre, la corte d'appello di Strasburgo. A loro replica l'ex sottosegretario alla Salute Eugenia Roccella.
«L'appello a Monti per la modifica della legge 40 senza passare dal Parlamento - spiega la 12occella - ricorda che la scadenza temporale per evitare che questo avvenga è vicina. Il governo deve decidere, in tempi rapidi, se presentare il ricorso contro la sentenza di primo grado della Corte europea sulla legge 40, entro il 28 novembre. Al di là delle questioni di merito, non ricorrere creerebbe un precedente gravissimo: ogni governo infatti, tecnico o politico che sia, dovrebbe difendere le leggi nazionali votate dal proprio Parlamento. In questo caso, inoltre, si tratta di una legge confermata da un voto popolare» con «l'astensione di massa al referendum del 2005». Malgrado «la ricorrente pressione per smontare la legge 40, attraverso ricorsi e sentenze - aggiunge il deputato del Pdl, esperta di bioetica -, ci sembra che l'unico modo realmente democratico e trasparente dì farlo sia una battaglia politica e parlamentare che non cerchi scorciatoie». Il ricorso del governo dovrebbe chiudere la questione e lasciare la parola ai giudici europei.
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