L'auto a batteria rischia di essere un sogno infranto

Dalla Rassegna stampa

Il sogno dell'auto elettrica sembra destinato a ridimensionarsi – ancora una volta: i segnali in arrivo dal mercato non sono incoraggianti. E l'obiettivo che la Ue imporrà per il 2020, ovvero ridurre le emissioni di CO2 al di sotto dei 95 grammi/chilometro, potrebbe essere raggiunto con una miscela di interventi basata sul miglioramento dei motori a scoppio, una maggiore diffusione degli ibridi e un alleggerimento del peso dei veicoli.
Secondo un recente studio della società di consulenza AlixPartners, le vendite di veicoli a propulsione puramente elettrica arriveranno al massimo al 4% del totale nel 2020, mentre un 14-15% potrà essere appannaggio delle auto ibride (motore elettrico abbinato a uno benzina o diesel). Oltre al l'autonomia ancora largamente inferiore ai motori a scoppio (non superiore ai 160 chilometri per le vetture sul mercato), pesano i ritardi nella costruzione delle infrastrutture di ricarica e il costo ancora elevato. Sempre secondo AlixPartners, la percentuale di clienti disposta a pagare i prezzi attuali delle vetture elettriche è molto bassa: solo il 4% sarebbe disposto a spendere più di 30mila euro (in Italia il prezzo minimo per i modelli in listino è di circa 28mila). La congiuntura negativa ha naturalmente aggravato la situazione: «Se c'è un momento sbagliato per lanciare un'auto elettrica è questo» dice Stefano Aversa, co-president di AlixPartners.
I lanci negli ultimi due anni sono stati numerosi. Renault/Nissan e Psa Peugeot sono i gruppi che più hanno scommesso sulla nuova tecnologia (non a caso, visto che l'energia elettrica in Francia – per lo più di fonte nucleare – è meno cara e soprattutto è a basso tasso di CO2). Anche Bmw, Audi e Mercedes stanno per lanciare veicoli a propulsione elettrica; senza contrare gli ibridi cosiddetti plug-in come la General Motors Volt e la versione europea Opel Ampera (che costa in Italia 45mila euro).
Il rischio, ricorda lo studio, è quello della disillusione; un effetto che comprometterebbe l'opinione del mercato sui veicoli elettrici per parecchi anni a venire. I segnali ci sono: in Italia il numero dei veicoli elettrici immatricolati nel primo semestre 2012 è stato di 289 contro i 123 dello stesso periodo del 2011; più incoraggiante giugno, con 99 immatricolazioni rispetto a 18, ma siamo comunque a meno dello 0,1% del mercato. Negli Usa la Gm ha interrotto la produzione della Volt per 5 settimane per carenza di domanda.
Se davvero l'auto elettrica dovesse rivelarsi un fuoco di paglia, come faranno i costruttori a scendere sotto i 95 grammi/chilometro di CO2? Questo valore di emissioni corrisponde a un consumo di 3,6 litri per 100 chilometri per un'auto a benzina e 4,2 litri per un diesel – e si tratta di valori medi della gamma, che presuppongono quindi di arrivare più in basso con i veicoli più risparmiosi. Giacomo Mori, director di AlixPartners, cita i possibili miglioramenti agli attuali propulsori ma anche la riduzione di peso e dimensioni delle vetture: «Allungare i rapporti del cambio è da sempre una misura molto efficace, anche se riduce le prestazioni e porta quindi a vetture un po' meno scattanti; il turbo migliora il rendimento del motore (e quindi consumi ed emissioni) e consente di utilizzare motori di cilindrata inferiore a parità di potenza ma è proporzionalmente molto costoso. Infine il peso ha pure un impatto elevato ma non il più elevato». Di recente si è aggiunta anche la riduzione delle dimensioni dei veicoli, un fenomeno che inverte una tendenza pluridecennale all'aumento: sia la Peugeot 208 appena lanciata che la Volkswagen Golf, in arrivo a settembre, sono più corte e leggere del modello che sostituiscono.

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