L'anniversario della guerra all'Iraq

Caro Colombo, si parla molto dell’anniversario della guerra di Bush all’Iraq (marzo 2003), ma nessuno vuole più domandarsi: quella guerra (migliaia di morti americani, centinaia di migliaia di morti iracheni, la distruzione di un intero Paese fra i più progrediti del Medio Oriente) si poteva, si doveva evitare, rimuovendo Saddam per via diplomatica, senza guerra?
Victor
La domanda è importante perché, stranamente, anche esperti di quella parte del mondo e politologi internazionali tendono a tenersi a distanza dall’argomento. E tanti altri danno due risposte convenzionali, ispirate da persuasioni di fondo estranee all’evento: no, la guerra non si fa mai. Sì, la guerra si doveva fare perché non c’era alcun altro modo di liberare il mondo dal pericolo di Saddam Hussein. Eppure non è vero, ed è strano che in così pochi vogliano ricordarlo. Come ha dimostrato, anni dopo, il caso del potentissimo Ben Ali, dittatore tunisino da decenni e proprietario di tutto in quel Paese, ci sono circostanze che suggeriscono partenze del dittatore invece di guerre. Il caso di Ben Ali è stato segnato dalla minacciosa rivolta del suo popolo. Il caso di Saddam era un intricato legame con l’Occidente da un lato e la barbarie del suo modo di governare dall’altro. Il suo tempo era finito e non poteva non saperlo. Per questo il leader radicale Marco Pannella, l’unico politico italiano che si occupa di fatti del mondo, aveva persuaso un buon numero di parlamentari italiani ed europei, e una buona parte della diplomazia araba (soprattutto la Lega araba) a chiedere e a rendere possibile un abbandono del potere di Saddam Hussein, con garanzia per la vita (ma non per le eventuali e inevitabili imputazioni della giustizia internazionale). Si trattava di salvare vita e famiglia e la risposta stava per essere sì. Due grandi complici hanno reso impossibile l’evento che avrebbe risparmiato una guerra sbagliata, l’umiliazione americana di uscirne da non vincitori, e la distruzione di un Paese. Un complice è stato Gheddafi che ha bloccato la Lega araba. L’altro complice è stato Tony Blair, con il famoso discorso (“possono distruggerci in 45 minuti”) e i finti rapporti sulle armi di distruzione di massa sostenuti da false lettere. Governi succubi come quello di Berlusconi (“la coalizione dei volonterosi”) ha fatto il resto. E invano, tra la distrazione generale, Pannella continua a chiedere: “Dopo un simile disastro perché non si ammette almeno il vero modo in cui si sono svolti i fatti, e per quali responsabilità?”. Seguono celebrazioni, ricordi e anche condanne di quella guerra. Non una parola sul modo, pieno di inganni e di bugie, su come ci siamo entrati.
© 2013 Il Fatto Quotidiano. Tutti i diritti riservati
SU