L'amnistia? Vale solo per i giudici

La discussione sui provvedimenti adottati per decongestionare le carceri ha visto costituirsi un interpartito, composto dai Gasparri e dai La Russa, dai Bossi e dai Di Pietro, fino a un Grillo con venature razziste rifiutate perfino dal suo movimento. Suonano la grancassa dell'allarmismo sociale, sostengono che con le misure falsamente definite "svuotacarceri" (3mila detenuti circa finiranno di scontare la pena agli arresti domiciliari), le nostre città saranno preda di delinquenti pronti a commettere ogni tipo di reati. Ogni botte dà il vino che ha, il vino di questi signori è aceto.
Lo ha dimostrato - dimostrazione definitiva, che stronca ogni speculazione - Luigi Manconi, presidente dell'Associazione "A buon diritto": nel 2011, su 20.314 detenuti in regime domiciliare quelli che hanno commesso un nuovo reato sono appena lo 0,81%: meno di 200 su oltre 20mila detenuti. Questi i dati; il resto sono volgari e meschine speculazioni.
Ad ogni modo, una misura che consente a 3mila detenuti di scontare la pena agli arresti domiciliari non risolve certo l'emergenza carceri e giustizia. Fa pensare a quel tale che vuole svuotare il mare col secchiello. Nelle nostre carceri sono rinchiuse 22mila persone in più della loro capienza. Lasciamo perdere le condizioni in cui sono costretti a vivere i detenuti, agenti di custodia e personale penitenziario, che le nostre carceri siano una vergogna ormai lo sanno tutti; lo stesso ministro dell'Interno Cancellieri ammette che dal carcere non si può che uscire fortemente peggiorati. Per loro, la metà in attesa di giudizio, che si fa?
Le carceri, poi, sono solo parte del più generale problema, quello della giustizia: ogni anno migliaia di processi vengono chiusi per scadenza dei termini; significa impunità anche per reati gravi, come l'omicidio colposo. La giustizia soffoca sommersa dai fascicoli, al punto che molti procuratori rinunciano ai giudizi. Per reati come corruzione o truffa c'è la quasi certezza dell'impunità: nel 2008, 154.665 procedimenti archiviati per prescrizione: nel 2009 altri I ,M.825.
Nel 2010 circa 170mila; circa 200mila nel 2011. È un'amnistia mascherata, clandestina (perché si finge non ci sia) e di classe: ne beneficia solo chi ha un buon avvocato che sa come dribblare tra leggi e codici, o chi ha "amici". Nella rete ci finiscono così solo i poveri diavoli. E giusto? A questo punto, meglio non sarebbe fare un'amnistia alla luce del sole. con "paletti" certi, guadagnare 6-7 mesi, consentire ai magistrati di ricominciare da zero, e nel frattempo metter mano alle indispensabili riforme?
Marco Pannella e i radicali, da tempo propongono l'amnistia, come primo provvedimento per poter mettere mano a quelle riforme che tutti dicono di volere. I maggiormente interessati (lini-ebbero essere i magistrati. Proprio dall'Anm vengono le maggiori resistenze. Come si spiega? E evidente che si vuole continuare ad esercitare il n controllo. Come le gerarchie vaticane dicono "no" a testamento biologico, eutanasia, possibilità di poter determinare autonomamente se e come e quando una vita non merita più di essere considerata tale (ed è un "no" per ribadire un formale controllo sulla gestione dei corpi, si sa benissimo che la pratica quotidiana è altra, e la si accetta purché si rispetti la legge del "si faccia, ma non si dica"), così nelle aule di giustizia: lo sanno anche i "sacerdoti del diritto" che ogni giorno si consuma l'amnistia clandestina e di classe; ma a loro va bene che sia appunto clandestina e di classe, e siano loro a gestire questa amnistia. Per continuare a gestirla, dicono "no" all'amnistia palese e con regole certe. L'Anm è poi sul sentiero di guerra perché la Camera ha votato un emendamento sulla responsabilità civile del magistrato. Un attentato,. dicono, alla loro autonomia e indipendenza. La situazione è questa: siamo l'unico paese al mondo in cui un giudizio nei confronti dei magistrati (affidato ad appartenenti ala stessa categoria) passa per nove gradi: tre per l'ammissibilità, tre per individuare le responsabilità del magistrato, tre per l'eventuale rivalsa da parte del ministero di Giustizia. Dal 1988 a oggi sono state appena 406 le cause effettivamente avviate nei confronti di un magistrato; le citazioni dichiarate ammissibili 34; le condanne 4 in tutto. Sappiamo tutti come è finita la vicenda Tortora: nessuno gli ha chiesto scusa per l'ingiusta persecuzione; anzi, i magistrati che l'hanno inquisito non solo non hanno pagato, hanno fatto tutti carriera. Un caso di pochi giorni fa, il giudice Jole Maria Celeste Milanesi: prosciolta dalla sezione disciplinare del Csm dall'accusa di aver omesso di controllare con «negligenza inescusabile» i termini di scadenza della carcerazione di un detenuto, che così è rimasto in carcere 127 giorni in più del dovuto. Per il Csm è colpa «di una lacuna del regolamento di organizzazione del giudizio direttissimo all'epoca in vigore». Poi dici che uno s'incazza.
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