Per l’Europa, contro l’Europa

Dalla Rassegna stampa

Caro Colombo, come spieghi che mezzo milione di persone sono in piazza in Ucraina per invocare l’ingresso di quel Paese in Europa, e almeno altrettanti, in tutte le piazze dei Paesi della Ue sono in rivolta per uscire dall’Europa? Arturo

Lo spiego con la stranezza dei tempi, che ci dà notizie scorrette o incoerenti, attraverso i mass media, notizie spezzate in frammenti individuali e accostamenti disordinati nella rete, nel disorientamento della grave crisi economica, in cui sono sempre veri gli annunci dannosi e punitivi, quasi mai veri gli annunci di soluzione e di "uscita dal tunnel", il mentire continuo di coloro che hanno ancora responsabilità di guidare aggregazioni di persone, e ragioni nascoste che i cittadini, coinvolti in proteste contrastanti e disordinate, non vedono o non possono interpretare. Esempio: c’è una differenza tra una cattiva macchina e un cattivo conducente. Ma nel dibattito europeo (va bene, va male, è meglio restare, è meglio staccarsi?) nessuno mette mai in discussione l’incredibile modestia, anzi la totale mancanza di leadership per l’Europa che ha come presidente della Commissione un personaggio inerte come Barroso e i suoi commissari.

Noi non sapremo mai se l’Europa può funzionare finché non ci saranno persone capaci di vedere nei punti critici che tengono insieme e devono orientare, se non guidare, l’Unione. L’Europa è un continente abitato da numeri e vuoto di sentimenti, valori, progetti, sogni, obiettivi, programmi. Solo le cose fisicamente misurabili, con misure strette e fisse, hanno un peso nelle decisioni europee.

Per il resto puoi diventare fascista e antisemita come in Ungheria, o regredire alla caccia agli zingari come nella Francia di Hollande, o lasciare l’Italia (già gravemente lesa nei suoi valori dalla legge Bossi-Fini) da sola di fronte agli sbarchi e ai morti di Lampedusa, e l’Europa non ha niente da dire. Eppure dovrebbe fare da guida proprio la tenace rivolta di Kiev. Gli ucraini democratici vorrebbero fuggire in Europa per sfuggire alla morsa di Putin, uomo di danaro, potere e di sentenze capitali (a volte eseguite in modo informale) ma portatore di nessun valore o ideale o progetto che riguardi altro che il suo potere.

Gli ucraini pensano all’Europa dell’Unione come a un rifugio. Così come ci pensava probabilmente la signora Shalabayeva, che viveva a Roma quando è stata rapita con la sua bambina e consegnata, senza la protesta di nessuno, al Kazakistan, a cura del ministero dell’Interno italiano - e poi tornata libera per il lavoro silenzioso e tenace di Emma Bonino, per fortuna ministro degli Esteri italiano. Ma questa non è la ragione per non volere l’Europa. È la ragione per cambiarla a cominciare dal senso politico, giuridico e morale dell’Unione. In altre parole, tornando al Manifesto di Ventotene di Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni, come raccomanda sempre, da solo, Marco Pannella. Che vuol dire non meno Europa o via dall’Europa, (che giustamente spaventa figuri come Borghezio). Ma più Europa, finalmente.

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