L’emendamento fa flop approvato uno su mille

Dalla Rassegna stampa

IL CASO
«Molto rumore per nulla», direbbe William Shakespeare. «Quanto discutere, quanto agitarsi, quanto scannarsi / per risultati così scarsi?», direbbe Alberto Arbasino con la sua rimetta. L’oggetto di tanto sarcasmo d’autore - fatta la differenza tra i due autori - potrebbe essere l’emendamento. Ovvero il festival degli emendamenti, il tormentose degli emendamenti, l’orgia degli emendamenti, l’inferno degli emendamenti. Per colpa di tre o quattro chili di emendamenti, quelli alla legge di riforma del Senato sovraccaricata di emendamenti, di sub-emendamenti, di emendamenti agli emendamenti che emendano tutto l’emendabile e il non emendabile, l’emendando e l’emendato, i parlamentari stavano per saltare le vacanze (poco male) e il cambiamento di Palazzo Madama si era trasformato in un groviglio inestricabile di virgole da cambiare, di punti e virgola da capovolgere in virgola e punto come nel film con Totò e Peppino, di correzioni e di discussioni, di risse verbali e di contese terminologiche, di ponderosi tomi contenenti modifiche e trasformati in oggetti contundenti da litigio d’aula («O mi accetti l’emendamento o te lo tiro in faccia», l’espressione più graziosa che grillini, vendoliani e leghisti gridavano al presidente del Senato, Pietro Grasso).

E insomma: adesso si scopre, dopo tanti strepiti e fatiche e appena l’Italia è rinvenuta dallo choc di aver visto 12.000 emendamenti alla riforma del Senato, poi diventati 8.000 e un po’ ridotti dalla «tagliola» o mangiati dal cosiddetto «canguro» o decapitati dalla «ghigliottina», che l’emendamento è fatica sprecata e l’esigenza democratica o la nevrosi o l’erogeno desiderio di presentarlo non serve a nulla. Soltanto un emendamento su mille infatti viene accettato e va a buon fine. E il sito Openpolis, uno dei luoghi di osservazione politica più qualificato sul web, ha calcolato che mediamente oltre il 95 per cento degli emendamenti fa cilecca. Cioè è un fuoco di paglia, viene scartato, si prende i riflettori ma finisce nel cestino perché nessuno lo vota a parte, forse, quelli che lo hanno presentato.

POVERI
Povero emendamento, così sovraesposto mediaticamente e così inutile politicamente. Si dirà: ma l’emendamento è il cuore della libertà dei parlamentari. Vero. Ma il troppo stroppia. Openpolis ha analizzato le dieci leggi più bersagliate da proposte di modifica e ha ricavato che meno del 5 per cento degli emendamenti diventa realtà. E la vita dura, ma chiassosa, dell’emendamento è particolarmente dura nell’epoca del governo Renzi. I tempi di Enrico Letta erano più piacevoli per chi vive per emendare (esempio: la vendoliana De Petris ne ha vergati seimiladuecento contro la riforma del Senato ma il record spetta ai Radicali con 7500 contro il fermo di polizia prolungato che volle a suo tempo Cossiga).
Nel decreto del Fare, ai tempi di Letta, sono stati ammesse L’11,97 per cento delle proposte di modifica. Il decreto Salva Pubblica Amministrazione, sempre epoca Letta, ha avuto 290 emendamenti approvati su 2.454 (11,82 per cento) presentati. Delle 10 leggi analizzate da Openpolis, due delle tre con il tasso di approvazione più basso rientrano nella gestione del governo Renzi. Solamente a Palazzo Madama, il ddl Boschi ha ricevuto in partenza oltre 12.000 emendamenti, e il numero di quelli approvati non ha neanche raggiunto soglia 50. Il ddl Delrio (Svuota Province) ha ricevuto 7.611 proposte di modifica e solo 205 approvate (2,69 per cento). Ancora peggio il decreto Imu-Banca d’Italia con 3.803 emendamenti presentati, di cui solo 36 approvati (0,95%).

TIPOLOGIE
C’è l’emendamento killer (o almeno c’era: ora s’è capito che sparano a salve), l’emendamento burla («Dove dicesi Parlamento si sostituisca con Ecclesia dei rappresentanti», recita una delle modifiche respinte alla legge sul Senato), il maxi-emendamento (ovviamente), l’emendamento kamikaze (quasi tutti, evidentemente), l’emendamento cangurato, l’emendamento marchetta (quasi tutti, ad uso del collegio elettorale di chi lo presenta o della lobby cara al parlamentare che lo scrive) o l’emendamento Narciso: lo si presenta per farsi belli e per stare sui media. Dunque, occhio. L’autunno sarà caldo - tra Sblocca Italia, Jobs Act e riordino della giustizia e della scuola - e pure piovoso. Un diluvio di emendamenti si rovescerà sulle riforme, che ormai però hanno l’impermeabile incorporato. E magari lo faranno indossare anche al «canguro».

 

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