L’antipolitica ha fatto un’altra vittima: il pacifismo

Non si riesce a capire come mai in Italia non ci sia nessuna reazione politica alla guerra di Israele in Palestina. Non dico a livello di governo, o di diplomazie. Dico in piazza. Dove sono finiti i pacifisti, dove sono i movimenti, le associazioni, il popolo arcobaleno? Svaniti. Eppure l’Italia è sempre stata la terra d’elezione del pacifismo. Dagli anni Cinquanta.
Prima perché c’era un fortissimo pacifismo anti-americano, guidato dal Pci, dai socialisti e anche dai radicali e dai laici di Capitini. Poi perché, dopo gli anni sessanta - con il Concilio, con Paolo VI e ancora con Woytijla - era cresciuto enormemente il pacifismo cattolico. Vi ricordate nel 2002 l’oceano pacifista che travolse Roma e scosse persino l’immaginazione del New York Times, che parlò di seconda potenza mondiale? Beh, roba del passato. Come mai?
La spiegazione è molto semplice: l’avanzata inarrestabile dell’antipolitica. Noi magari talvolta pensiamo che l’antipolitica sia qualcosa che si oppone alle burocrazie, alle caste. Non è esatto. L’antipolitica si oppone alla politica, a tutta la politica, la detesta, la considera il male dei mali. E l’antipolitica si diffonde, si insinua nello spirito pubblico, lo modifica, cambia il senso comune e il modo di pensare del popolo. Non sono solo i signoroni del governo, i deputati, le vittime dell’antipolitica; sono anche i movimenti, le passioni dei movimenti, le capacità di analisi dei movimenti, delle associazioni, dei gruppi rivoluzionari. Pagano all’antipolitica lo stesso prezzo che pagano i ministri.
Non c’è più la mobilitazione civile: c’è il vaffanculo. Non c’è più il grido di lotta, c’è lo sberleffo, la maledizione. Non c’è più il pensiero, c’è l’ira. Non c’è più il manifesto di Rossanda, Pintor, Gagliardi, Parlato. C’è II Fatto. Guidato da un allievo di Indro Montanelli e del giudice Woodcock.
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