A Kiev si tratta, Timoshenko: «Non cedete a Yanukovich»

Ieri la crisi in Ucraina si è miracolosamente fermata sull’orlo del precipizio: la dichiarazione dello stato di emergenza da parte delle autorità, minacciata ma non attuata. Oggi però ci potrebbe essere un’altra escalation di violenza se la sessione straordinaria del Parlamento non abolirà le contestate leggi che criminalizzano la protesta. In giornata inoltre il presidente russo Vladimir Putin sarà a Bruxelles per il summit Ue-Russia. Viste le tensioni causate dalla questione ucraina il vertice è stato ridimensionato ad incontro informale di meno di tre ore. A Kiev i tre leader dell’opposizione continuano a negoziare con il presidente Viktor Yanukovich. Da quando questi si è rifiutato di firmare l’accordo di associazione con la Ue a fine novembre, per siglarne uno con la Russia, migliaia di persone protestano in piazza. Ora le opposizioni chiedono di anticipare a quest’anno le elezioni presidenziali previste per il 2015 e di scarcerare l’ex premier Yulia Timoshenko, la leader della rivoluzione arancione del 2004. Sabato è stata respinta l’offerta del presidente di un rimpasto di governo con i leader delle opposizioni ai vertici. Una scelta condivisa dalla stessa Timoshenko, che dal suo sito internet ha invitato a respingere le condizioni «umilianti» poste dal regime. I tre partiti di opposizione però fanno sempre più fatica a contenere la violenza. Ieri un gruppo radicale chiamato «Spilina Sprava» (causa comune) ha occupato l’edificio del ministero della Giustizia. Per tutta risposta il ministro Olena Lukash ha minacciato di chiedere la dichiarazione dello stato di emergenza, un giro di vite finale sulle libertà civili che avrebbe l’effetto di scatenare una guerra civile.
TORTURE E SEQUESTRI
È stato ancora una volta l’ex pugile Vitali Klitschko ad intervenire per calmare gli animi e convincere i dimostranti a sgombrare l’edificio. Poco dopo il ministro degli Esteri Leonid Kozhara ha dichiarato che al momento il governo «non ha intenzione di decretare lo stato di emergenza». I colloqui col regime continuano, hanno fatto sapere i leader dell’opposizione, «nonostante un tentativo delle autorità di interrompere i negoziati e dichiarare lo stato di emergenza». Anche se, avvertono, «la pazienza delle persone infuriate per la sordità delle autorità può finire da un momento all’altro». Ieri della questione ucraina se ne è parlato anche nell’incontro a Roma tra il premier Enrico Letta e il primo ministro spagnolo Mariano Rajoy. In conferenza stampa i due hanno espresso «preoccupazione comune sulla situazione drammatica in Ucraina» e hanno ribadito che «è intollerabile il ricorso alla violenza». Per Letta «le porte dell’Europa sono aperte all’avvicinamento e, un giorno, all’ingresso dell’Ucraina».
Il ministro degli Esteri Emma Bonino ha ricordato che il vertice Ue-Russia di oggi a Bruxelles sarà «l’occasione per continuare a fare pressione a tutti i livelli, tanto su Kiev che su Mosca». Bonino ha spiegato a Radio24 che oramai la posizione di Yanukovich è «quasi insostenibile per via delle decisioni prese, della repressione usata e delle leggi promulgate, anche se nelle ultime ore c’è stata un’apertura al ritiro di quelle leggi». Sul quotidiano Ukrainska Pravda l’analista politico Yevgen Glibovitsky prevede che «questa settimana Yanukovich sarà più incline a negoziare perché lui sta diventando più debole e la protesta sta diventando più forte». Oltre alle migliaia di manifestanti a Kiev, che oramai controllano il centro della città e si sono arroccate a piazza Maidan dietro alte barricate difese militarmente da dimostranti con passamontagna e mazze da baseball, continuano ad arrivare notizie di nuove sommosse nel resto del Paese. Secondo alcune fonti i manifestanti avrebbero oramai occupato o bloccato 14 amministrazioni regionali su 25. Di fatto è in mano alla protesta quasi tutta la parte occidentale del Paese e anche alcune province orientali, quelle tradizionalmente più filorusse e vicine al presidente Yanukovich. La polizia, che in molti casi non ha fatto resistenza, ieri ha reagito duramente nelle centri regionali di Dnipropetrovsk, Cherkasy e Sumy, arrestando decine di persone. L’Unione europea ha lanciato un appello alle autorità ucraine affinché «rispettino le promesse» e ha denunciato «gli arresti di persone ferite e curate in ospedale e diversi casi di tortura e di persone scomparse».
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