Intervista a Silvio Viale: «Ma non c’è alcun nesso con la Ru486»

«Guardi, il mio primo pensiero va a quella donna e alla sua tragedia. Ma se mi chiede qual è il rapporto fra quella morte e la pillola Ru486 le rispondo che è nullo. È come se dicessero che è colpa sua, visto che è al telefono con me, se, ora, mi venisse un infarto». Silvio Viale, radicale e medico che s’è battuto più di tutti per l’uso della «pillola» abortiva, oggi dirige il principale servizio di interruzione volontaria della gravidanza al Sant’Anna di Torino, e non ha dubbi.
Perché?
«Perché anche se sarà l’autopsia a dare maggiori chiarimenti su questa morte improvvisa in gravidanza per complicazioni cardiache, sin da ora posso affermare che non vi è alcun nesso teorico di causalità con il mifepristone, cioè l’Ru486, perché non ci sono i presupposti farmacologici e clinici. E respingo ogni strumentalizzazione»
Lei come la spiega la tragedia dell’ospedale Martini?
«L’episodio ricorda la prima e unica morte in Francia nel 1991, agli inizi del suo uso, che indusse a modificare il tipo di prostaglandina per tutti gli interventi abortivi introducendo il misoprostolo (Cytotec). Sono gli altri farmaci, gli stessi che si impiegano per gli aborti chirurgici, i maggiori sospettati di un nesso con le complicazioni cardiache. Sono decine di milioni le donne che hanno assunto la Ru486 nel mondo e 40.000 in Italia».
E al Sant’Anna, il suo ospedale?
«Sono 5.128 le donne che hanno assunto la "pillola" abortiva, 429 in questi primi mesi del 2014. La Ru486 ha rivoluzionato tempi e modalità degli aborti rendendoli, senza l’intervento chirurgico, meno traumatici. Ogni anno al Sant’Anna 2-3 donne debbono subire un intervento addominale come complicazione di una interruzione di gravidanza chirurgica. A differenza del mifepristone sono gli altri farmaci utilizzati negli aborti, sia medici sia chirurgici, che possono avere effetti cardiaci, seppure raramente»
Cosa bisognerebbe fare?
«Questa tragica fatalità dovrebbe favorire la creazione di servizi specialistici adeguati, dove le donne possano avere le migliori informazioni e i migliori trattamenti. I rischi di eventi eccezionali sono inevitabili e non rassicura di certo che siano inferiori a quelli che si corrono con la gravidanza».
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