Int. a E. Bonino - «La nostra sinistra non canti vittoria un anno in politica è un tempo biblico»

Consiglia «molta prudenza» perché, visti i risultati del primo turno, «la partita è ancora aperta» ma per Emma Bonino, senatore radicale, una vittoria di Francois Hollande aprirebbe per l'Europa, dopo l'asse Merkel-Sarkozy, nuovi scenari e protagonismi. Alla sinistra italiana consiglia invece di non cantare già vittoria: «In politica un anno è un tempo biblico».
Chi sarà il prossimo presidente francese?
«La partita mi sembra ancora molto aperta dunque andrei con i piedi di piombo: Melanchon e la sinistra sono un po' sotto lo score previsto, non è detto che la sorpresa Le Pen al secondo turno "giri" su Sarkozy, bisogna vedere come si schiererà Bayrou».
Hollande forse è rimasto sotto alle aspettative. Secondo lei perché?
«Io veramente sono sempre stata prudente nelle previsioni: lo abbiamo visto anche da noi, la gente nei sondaggi non dichiara come vota veramente».
«Io veramente sono sempre stata prudente nelle previsioni: lo abbiamo visto anche da noi, la gente nei sondaggi non dichiara come vota veramente».
Cosa cambierà per l'Europa ed il suo futuro di fronte alla crisi?
«Purtroppo l'Europa non è mai tema di campagna elettorale malgrado il suo rilancio sia decisivo per il nostro futuro. Le ultime dichiarazioni di Sarkozy sulla rimessa in discussione di Shengen, sicuramente un tentativo peraltro infruttuoso di rincorsa dell'elettorato di Marine Le Pen, mettono nel mirino uno dei pilastri della costruzione europea. È molto preoccupante perché, anche se in campagna elettorale si dicono cose che si archiviano appena si vince, semina dati culturali poi difficili da cancellare. È preoccupante anche perché o si rilancia il progetto europeo o non c'è salvezza nazionale che tenga. Hollande, che all'inizio aveva azzardato veti sul fiscal compact, per fortuna ha corretto le sue posizioni chiedendo assieme al fiscal compact il patto per la crescita. È sul dossier europeo che si gioca il futuro di questa parte del mondo».
«Purtroppo l'Europa non è mai tema di campagna elettorale malgrado il suo rilancio sia decisivo per il nostro futuro. Le ultime dichiarazioni di Sarkozy sulla rimessa in discussione di Shengen, sicuramente un tentativo peraltro infruttuoso di rincorsa dell'elettorato di Marine Le Pen, mettono nel mirino uno dei pilastri della costruzione europea. È molto preoccupante perché, anche se in campagna elettorale si dicono cose che si archiviano appena si vince, semina dati culturali poi difficili da cancellare. È preoccupante anche perché o si rilancia il progetto europeo o non c'è salvezza nazionale che tenga. Hollande, che all'inizio aveva azzardato veti sul fiscal compact, per fortuna ha corretto le sue posizioni chiedendo assieme al fiscal compact il patto per la crescita. È sul dossier europeo che si gioca il futuro di questa parte del mondo».
Se dovesse vincere Hollande, cosa sostituirebbe l'asse Merkel-Sarkozy che ha dominato l'Europa in questi anni?
«Innanzitutto non era più un asse ma Merkel con Sarkozy al seguito. E, chiunque vinca, la Francia si risveglierà scoprendo una crisi che fin' ora è stata negata e alla quale l'opinione pubblica non è stata educata. Ma con Hollande registreremmo un dato di minor asservimento alla Germania. Magari nella sostanza le politiche non cambieranno molto ma certo si aprirebbe una situazione dialettica più importante, uno spazio perché altri attori - penso all'Italia ma anche alla Polonia - possano giocare un ruolo. L'asse franco-tedesco così granitico, anche se sbilanciato su Berlino, non apriva margini di protagonismo politico ad altri paesi anche se Monti ci ha provato con la lettera dei tredici sulla crescita. Credo che la Francia - che, di destra o sinistra che fosse, non è mai stata federalista ma per l'Europa delle patrie e mai per la patria europea con Hollande potrebbe riaprire i giochi».
«Innanzitutto non era più un asse ma Merkel con Sarkozy al seguito. E, chiunque vinca, la Francia si risveglierà scoprendo una crisi che fin' ora è stata negata e alla quale l'opinione pubblica non è stata educata. Ma con Hollande registreremmo un dato di minor asservimento alla Germania. Magari nella sostanza le politiche non cambieranno molto ma certo si aprirebbe una situazione dialettica più importante, uno spazio perché altri attori - penso all'Italia ma anche alla Polonia - possano giocare un ruolo. L'asse franco-tedesco così granitico, anche se sbilanciato su Berlino, non apriva margini di protagonismo politico ad altri paesi anche se Monti ci ha provato con la lettera dei tredici sulla crescita. Credo che la Francia - che, di destra o sinistra che fosse, non è mai stata federalista ma per l'Europa delle patrie e mai per la patria europea con Hollande potrebbe riaprire i giochi».
Una vittoria socialista a Parigi potrebbe funzionare - come sosteneva ieri Jack Lang - da apripista per una vittoria della sinistra anche in Italia nel 2013?
«Consiglierei un po' di prudenza. Ai giorni d'oggi, in politica un anno è un tempo biblico».
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