Immigrazione: Cie, tutti contro Documento Ruperto; trattati come fosse ergastolo bianco

Dalla Rassegna stampa

Le associazioni chiedono al governo Letta di non tenere conto della pesante eredità del governo Monti in tema di Cie. Un rapporto che mette nero su bianco che l’estensione a 18 mesi della detenzione introdotta nel 2011 era giustificata dall’esigenza di scoraggiare il calcolo di convenienza compiuto dagli stranieri trattenuti. Questo dimostra che la direttiva rimpatri è usata per prevenzione generale.
“Abbiamo visto gente di tanti paesi, con un’unica croce, chiedersi perché si trovasse lì, senza trovare risposta”. Gli avvocati penalisti dell’Osservatorio Carcere scrivono in poche parole le loro impressioni dopo avere visitato tre Centri di identificazione e di espulsione, quelli di Milano, Roma e Gradisca d’Isonzo. Non avere il permesso di soggiorno è solo un problema amministrativo e la detenzione di un anno e mezzo nei Cie non è penale, perché è una reclusione senza reato e senza condanna.
Ma l’Unione camere penali, associazione dei penalisti, ha deciso di occuparsene perché “sono peggio del carcere”. Michele Passione, dell’Ucp, spiega che “il trattenimento nei Cie è assimilabile a un ergastolo bianco”. Il motivo è che arrivati al limite massimo di 18 mesi, chi non è stato rimpatriato viene rilasciato ma resta irregolare, quindi al successivo controllo delle forze dell’ordine finirà di nuovo in un Cie.
Quell’idea di inasprire i Cie. Parole pesanti che arrivano nel corso della conferenza stampa convocata dalla campagna LasciateCIEntrare per bocciare senza appello il documento programmatico sui Cie scritto dalla task force del sottosegretario Saverio Ruperto, inviata a fare un’indagine sui centri da Anna Maria Cancellieri quando era a capo del Viminale. Della campagna fanno parte moltissime sigle e singoli, dall’Asgi alla Cgil, dai Medu all’Fnsi e l’Ordine dei giornalisti, per citarne alcune. Anche il neo ministro per l’Integrazione Cecile Kyenge Kashetu sostiene la campagna fin dalla sua nascita due anni fa.
LasciateCIEntrare, per bocca della coordinatrice Gabriella Guido, si rivolge al governo Letta per chiedere che “non si tenga conto del documento Ruperto, perché manifesta la totale ignoranza delle effettive criticità della detenzione amministrativa”. La posizione della società civile sul tema è chiara: chiudere i Cie e istituire una commissione mista tra associazioni e parlamentari per trovare un sistema diverso per l’identificazione degli stranieri che devono essere rimpatriati nel Paese d’origine.
Un “testamento” del vecchio governo. Il timore delle associazioni è che proprio dal testo Ruperto, visto come una sorta di testamento dal vecchio governo al nuovo, si parta a livello governativo per affrontare la spinosa questione di questi centri, divenuti nel tempo un buco nero per i diritti umani e per la mole di spese che comportano.
“È in questa situazione che si colloca la decisione di pubblicare un documento programmatico sui Cie da parte di un governo tecnico dimissionario, quasi a voler tracciare un programma ammantato di apparente tecnicismo, e quindi buono per tutte le incerte stagioni che verranno” scrivono le associazioni. Le soluzioni prospettate da Ruperto porterebbero i Cie ad essere sempre più simili alle carceri, con un inasprimento delle misure repressive e celle di isolamento, senza contare il notevole giro d’affari, pari a circa 20 milioni di euro l’anno, che andrebbe in mano a un ente gestore unico per tutti i centri, come suggerito dal documento.
Il rimpatrio come prevenzione. “Incredibilmente questo rapporto mette nero su bianco che l’estensione a 18 mesi della detenzione introdotta nel 2011 era giustificata dall’esigenza di scoraggiare il calcolo di convenienza compiuto dagli stranieri trattenuti - dice ancora Passione - questo dimostra che la direttiva rimpatri è usata nei Cie per un meccanismo di prevenzione generale”. Secondo Passione gli avvocati dovrebbero sollevare l’incostituzionalità dei Cie.
Due avvocati baresi ci hanno pensato già un anno fa. Si tratta di Luigi Paccione e Alessio Carlucci che con una class action hanno chiesto al tribunale di Bari la chiusura urgente del Cie barese perché viola i diritti umani ed è nei fatti un carcere extra ordinem.
Il giudice però sta prendendo tempo (la sentenza era attesa ad agosto 2012). Ancora non si è pronunciato, in attesa di verificare la legalità del centro. Nel frattempo, il ministero dell’Interno sta facendo i lavori di ristrutturazione dei moduli detentivi. In un’ala del Cie ci sono i trattenuti, nell’altra i muratori all’opera.
L’ostruzionismo delle Prefetture. Anche la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa ha fatto un’indagine sui Cie e sul reato di immigrazione irregolare, riscontrando ostruzionismo a ottenere dati dalle prefetture. “La conclusione generale è che si tratta di un sistema incostituzionale, perché è assimilabile a quello penitenziario, ma non ci sono regolamenti uniformi in grado di dire quali sono i diritti e i doveri dei trattenuti” afferma Ilaria Boiano per la Sant’Anna. Infine, l’Asgi sottolinea la differenza fra il rapporto Ruperto e l’indagine De Mistura del 2006.
“Mentre la commissione precedente era composta sia da membri ministeriali che da appartenenti all’associazionismo e ha fatto un lavoro pubblico e trasparente - scrive Asgi in una nota - il rapporto è stato realizzato esclusivamente da funzionari del Ministero dell’Interno che hanno lavorato in assoluta segretezza”.
La petizione per Karim. La campagna LasciateCIEntrare ha lanciato anche una petizione per Karim, il giovane milanese con passaporto egiziano che rischia l’espulsione in Egitto di cui Repubblica.it ha raccontato la storia. L’appello, nato da una lettera della compagna incinta, Federica, 21enne, per dire che “Karim non deve partire” perché ha la sua famiglia in Italia, ha raccolto 10mila firme in poche ore. Il 10 maggio la commissione territoriale dovrà valutare se Karim può avere un permesso di soggiorno umanitario. Intanto il giovane rischia sempre di essere imbarcato su un volo per Il Cairo.

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