Idee per tempi lunghi

Dalla Rassegna stampa

Non vorrei tradirne il pensiero, ma penso che potrei tranquillamente dirlo un "tradizionalista" anche se lui, menzionando un prete tradizionalista, osserva - a suo merito - che "non è di quelli che, quanto ad acredine, non si distinguono dai loro oppositori progressisti". Credo che Fausto Belfiori si identifichi in quel "cattolico intransigente che per tutta la vita ha esercitato il mestiere del giornalista" sentendosi molto vicino all'ultramontanista francese Louis Veuillot (1813-1886), colui "che tenne sempre in mano la penna considerandola un'arma in difesa delle idee, a sostegno della propria fede religiosa e del proprio credo politico". Redattore in una delle più importanti agenzie di stampa italiane, ne usci a fine carriera come stimato condirettore. Di Veuillot ricorda che "il passe pour fanatique, parce qu'il fut logique" e "per questo fu odiato da tutti i cattolici liberali e progressisti, da Montalembert a Montini". Fosse un presuntuoso, cosa che non è, darebbe di sé lo stesso, o un analogo alto giudizio. Anche lui comunque detesta "tutti i cattolici liberali e progressisti". Per lui, "la Grazia è Cristo che si comunica attraverso lo Spirito. Essa dimostra la validità della visione teocentrica del tutto opposta a quella 'umanistica' di Wojtyla". Questo giornalista, o ex giornalista, scrive e pensa ancora, forse crucciosamente ma certo appassionatamente. Ripesco un suo libro - non so se sia l'unico - di cui ha voluto farmi dono e che per troppo tempo ho trascurato, preso dall'ansia dell'attualità o da riflessioni ritenute più impellenti. Non se ne adonterà, mi auguro sfogliando queste toste quattrocento pagine di bel formato che, del resto, si intitolano "Insistete a tempo e contro tempo": nessuno più di un tradizionalista ha una percezione spessa dei tempo, la tradizione è l'accumulo del tempo e delle sue forme, non solo sulle cose ma anzi, essenzialmente, sullo spirito. È un dono che può tranquillamente tollerare certi sciatti ritardi.

La chiesa, "da frequentare con cautela" Pensando che avrei fatto il bibliotecario e trascorso una placida vita in mezzo ai libri, studiai paleografia e diplomatica alla Biblioteca Vaticana. Avevo un eccellente professore. Una volta, nei locali dell'istituto, indugiammo a osservare certi operai che stavano montando una porta nuova, in noce massiccio. Lui osservò, ironicamente: "Qui in Vaticano si pensa sempre in tempi lunghi, per secoli". Deve essere la concezione anche di un tradizionalista, credo. Per il quale, la storia non può non presentare un andamento capovolto. Non si può e non si deve parlare di progresso, ma solo di decadenza: innanzitutto della chiesa, di quella chiesa in cui dovrebbe essere la sola speranza di salvezza. Lui scorge "... la realtà triste e drammatica di una chiesa in piena tormenta. Con il trascorrere dei secoli il divario fra teologia e sapienza si è fatto sempre più grave, a vantaggio di una rovinosa mondanizzazione. Un processo che ha aumentato di rapidità man mano che il divario si allargava". "Non c'è esagerazione: se la chiesa ha perduto la visione liturgica e sacrale che mantenne a lungo limpida nei chiostri ('dal quarto secolo fino alla Riforma - ricorda Overbeck - nulla di grande vive e accade nella chiesa che non sia scaturita dai monasteri...'), visione che l'ha assistita nelle sue epoche migliori, la responsabilità è della teologia (...). Al male da questa provocato va aggiunta oggi la dissennatezza dei pastori...". "La chiesa vaticana, la chiesa degli ottimati di curia è la maggiore responsabile della catastrofe morale e spirituale dei tempi moderni. La sua colpa dinanzi a Dio è enorme (...). Poteva dare vita a una fioritura di cultura e di civiltà se non si fosse chiusa in un vacuo devozionismo e in uno scolasticismo senz'anima, e non avesse sostituito la fede pugnace e creativa mediante furbeschi esercizi di conciliazione con gli avversari del momento...". "Si vogliono eliminare i riti cattolici assumendo le cerimonie protestanti... "Strano ambiente questa chiesa cattolica. Si invoca la Vergine Maria e poi si mandano le monache a sbaldraccarsi in televisione; si recitano giaculatorie a non finire in onore di Padre Pio, ma si permette di offendere quotidianamente sull'altare l'Eucarestia (...). Si, strano ambiente, da frequentare con cautela". Ma il "descensus ad inferos" coinvolge l'intera umanità: "Leggo Romano Guardini: 'Noi uomini siamo divenuti così superficiali che non proviamo più ormai dolore per le parole distrutte. Abbiamo preso a pronunciare i nomi in modo sempre più rapido, più superficiale ed esteriore, pensando sempre meno a essere espressivi... Così le parole son corse celermente di bocca in bocca. Il loro intimo non ha parlato più; l'essenza della cosa non s'è fatta più udire; l'anima non si è più rivelata in esse. Si ridussero ormai solo a parole-monete: indicarono la cosa, senza però rivelarla".

Ho riportato solo frammenti delle riflessioni, degli appunti, dei commenti che costituiscono il prezioso block notes - che si estende dal 1999 al 2005 - di un tradizionalista. Forse, di un reazionario. Ma nel suo Pantheon c'è Péguy e a me, laico, Péguy non è davvero indifferente.

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