Le grandi potenzialità della tassazione ambientale

Dalla Rassegna stampa

La scarsa attenzione alle questioni ambientali da parte del Governo è nota ma a seguire il dibattito in corso sulla manovra, possiamo dire che corrisponde ad un sentimento generalizzato. Nessuno pare infatti interessato a prendere in considerazione le potenzialità legate alla tassazione ambientale in un paese dove questo tipo di gettito è vergognosamente fermo allo 0,1% del Prodotto Interno Lordo. Aria, acqua e suolo sono risorse quasi sempre utilizzate senza che alcuno paghi un prezzo corrispondente al loro valore. Dalle emissioni di CO2 all'inquinamento di mari e fiumi, dalla cementificazione del suolo alla distruzione di biodiversità, il consumo di risorse non rinnovabili sotto forma di inquinamento ed esaurimento di capitale naturale è realizzato senza che le ricadute per tutti in termini di minore salute, benessere e ricchezza siano riconosciute nel loro effettivo valore economico.
 
Un'imposizione sulle risorse scarse, come quelle naturali, da un lato avrebbe il merito di spostare il carico fiscale prevalentemente riversato sull'abbondante risorsa lavoro - l'obiettivo tanto propagandato di un passaggio 'dalle persone alle cose' - dall'altro contribuirebbe al miglioramento dell'ambiente, rafforzando la crescita ed il libero mercato. Per questo tra gli emendamenti alla manovra ve ne è uno di Marco Perduca che introduce un contributo ecologico sui consumi energetici non rinnovabili (generalmente combustibili fossili per riscaldamento, autotrazione e per utilizzo in tutti i settori non inclusi nell'Emission Trading System).
 
Si tratta di una carbon tax che, ipotizzando un prezzo a tonnellata di CO2 pari a 13 Euro, può fornire un gettito attorno ai 3 miliardi di euro/anno, ma che potrebbe generare cifre ben più elevate (35 miliardi) se, con gradualità, si raggiungesse l'attuale livello svedese. Un gettito che, destinato a sgravare il fattore lavoro, come proponiamo, costituisce un'indubbia misura di crescita e di sviluppo tecnologico, perché riguarda settori ad alta intensità di lavoro e di innovazione, come l'edilizia efficiente e lo sviluppo di tecnologie più efficienti in primis per la climatizzazione e i trasporti. Per dirla con parole dell'Economist, "un modo semplice, elegante ed economicamente efficiente per ridurre i consumi di energia e dare impulso a tutte le alternative al petrolio", una tassa che renderebbe "manifesto ai consumatori il vero costo dell'energia... miglior modo per dare un calcio alla dipendenza dal petrolio e fare un maggior uso di fonti alternative".
 
Un contributo che peraltro è in linea con l'imminente riforma europea della tassazione energetica secondo quanto stabilito lo scorso 13 aprile 2011 dalla Commissione UE.
 
Se poi il principio fosse esteso ad altri beni ambientali, l'incidenza sulla composizione del carico fiscale potrebbe in pochi anni diventare davvero significativa, a livello non solo nazionale, ma anche locale: consumo di acqua potabile al di là dell'uso domestico minimo; consumo del suolo; occupazione di suolo pubblico per automezzi privati; produzione di rifiuti domestici e industriali. In tempi di crisi e di federalismo fiscale non si tratta di questioni marginali.

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