Il gioco dell'oca di Brusca

Dalla Rassegna stampa

Le cose dette da Giovanni Brusca ai giudici di Palermo nel processo che vede imputato il generale Mori vanno divise in due parti, nessuna delle quali aiuta la Procura palermitana nelle sue ipotesi accusatorie. Sulla trattativa, come ha fatto notare "Il Foglio", Brusca ne sposta i tempi a dopo la strage di via D'Amelio, vanificando l'ipotesi che Borsellino sia stato ucciso perché vi si opponeva. Ma, come non ha segnalato ai suoi lettori "Il Fatto", Brusca è stato particolarmente 'tranchant' su Berlusconi presunto mandante di stragi.

«Con le stragi non c'entra nulla», così ha detto il pentito ponendosi in aperta contrapposizione con Spatuzza e la sua "narrazione ". Dunque, Brusca difende il Cavaliere e ne fa una vittima? No, tutt'altro.

Il peccato originale di Berlusconi risale agli anni '70 quando i capimafia poi eliminati da Riina ne finanziarono l'ascesa. Si ripropone lo scenario del processo Dell'Utri dove il senatore è stato condannato due volte proprio sulla base delle deposizioni che hanno parlato dei finanziamenti giunti fin dagli esordi di Milano 2. In quel processo la Procura però presentò Berlusconi come una sorta di vittima di Dell'Utri, puntando piuttosto per Berlusconi su Spatuzza e Massimo Ciancimino e i loro racconti sulle stragi del 93. Con Cianciminojr è andata come è andata. L'ipotesi del Cavaliere bombarolo non riesce a tradursi in accuse sostenibili. Perfino "Repubblica" con un articolo di D'Avanzo, che certo non è un estimatore di Berlusconi, aveva criticato il protagonismo dei PM palermitani invitandoli a proposito del premier a tralasciare le bombe e concentrarsi sulle «oscure origini» delle sue fortune. Ora Brusca riporta gli inquisitori alla casella di partenza di un gioco dell'oca iniziato circa 15 anni fa.

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