In gioco credibilità e tenuta dei Governi

Dalla Rassegna stampa

Ci sono quelli che stanno un passo avanti nella vita e nella storia. E quelli che invece sono regolarmente un passo indietro. Da quando è scoppiata la crisi dell'euro, e sono ormai due anni abbondanti, l'Europa gioca nella seconda categoria. A rimorchio degli eventi e dei mercati. Negli auspici di molti, il vertice Ue che si terrà oggi e domani a Bruxelles dovrebbe abbandonare la politica della tartaruga: recuperare progettualità e visione del futuro, ponendo le basi per creare nel giro di un decennio l'unione politica, economica e fiscale, cioè le strutture finora mancate ma indispensabili per fare di euro e Bce una moneta e una banca centrale forti e "normali".
Ma dovrebbe anche prendere tutte le misure a breve necessarie per evitare che, aspettando il grande balzo in avanti, finiscano per dissolversi sotto gli attacchi della speculazione le conquiste che invece, a parole, si vogliono consolidare. Dunque, varo del pacchetto da 130 miliardi per rilanciare la crescita, con aumento del capitale Bei da 10 miliardi per movimentarne sei volte tanto, lancio dei project bond e riallocazione dei fondi strutturali Ue. Dunque, apertura del cantiere dell'unione bancaria che spezzi il legame perverso tra Governi iper-indebitati e istituti di credito e restituisca stabilità e circolazione di liquidità a un settore intossicato dalla crisi. Dunque, infine, anche un meccanismo, il piano Monti, per fermare la corsa degli spread nei Paesi, come l'Italia, che rispettino regole e impegni presi.
Lo schema d'azione è chiaro. E potrebbe anche essere molto incoraggiante se non fosse accompagnato da un'allarmante confusione delle lingue e delle ambizioni in campo.
Dall'imperituro dogmatismo di Angela Merkel - «Mai gli eurobond finché vivo, sarebbero contrari alla nostra Costituzione, economicamente sbagliati e controproducenti» - che automaticamente rende velleitari più o meno tutti i tentativi, francesi, italiani, spagnoli di trovare una via di fuga dai costi iperbolici di rifinanziamento del debito.
«Ma dove è l'allarme rosso per gli spread italiani? I tassi medi di finanziamento del vostro debito sovrano non superano il 4%» minimizza un diplomatico. Sull'ipotesi, sia pure totalmente irrealistica, di un'eventuale garanzia tedesca sul debito dell'area per disarmare i mercati, sentenzia: «Sarebbe una capitolazione». Mah. Questa però è l'aria che tirerà dietro le quinte del vertice. Questi sono i giudizi e i pregiudizi contro i quali Mario Monti dovrà misurarsi nella speranza (probabilmente vana) di ammorbidire i suoi interlocutori.
Questa volta a Bruxelles in gioco non c'è solo il destino dell'euro e il rilancio dell'economia europea in catalessi. C'è la tenuta dei Governi e dei sistemi democratici, delle banche insieme alla sostenibilità dei debiti. «La situazione è seria» ha ammesso ieri sera a Parigi, bontà sua, il cancelliere tedesco poco prima di incontrare il presidente François Hollande.
Più di tanto però non sembra disposta a spostarsi dalla sua linea. Conti in ordine e riforme strutturali per recuperare competitività sono la strada maestra della Merkel per superare la crisi. Non importa se ci vogliono anni per ottenere risultati. L'importante è seguirla. Se poi si vuole più solidarietà tedesca dopodomani, bisogna centralizzare a Bruxelles le sovranità nazionali sulle politiche di bilancio, le leve della spesa e quelle dell'emissione di titoli sovrani.
Peccato che Hollande sostenga esattamente il contrario: prima la solidarietà e poi dopodomani forse la rinuncia alla sovranità. La contrapposizione sta nel Dna di Germania e Francia, l'una da sempre federalista, l'altra "sovranista". Ma ad alimentare le perplessità di altri Paesi, anche nordici, c'è l'interrogativo sull'opportunità di una cessione tanto importante in cambio non si sa bene di che cosa forse un giorno lontano.
Disciplina sempre più ferrea oggi in nome di un atto di fede nella benevolenza tedesca domani: nella laicissima Europa è possibile pretendere al buio la conversione al credo tedesco da rendere per di più su un tavolaccio duro e spoglio?
Certo, come premio di consolazione, c'è il pacchetto crescita da 130 miliardi. Però tutti sanno che ci vorrebbe ben altro per muovere il motore europeo. C'è chi dice che Hollande si accontenterà per salvare la faccia in casa aspettando tempi migliori per gli eurobond. Di sicuro i mercati non si accontenteranno, se il vertice confermerà questo scenario. «La crisi non è ancora sufficientemente grave per indurre la Germania a più miti consigli» commentava cinicamente qualcuno in questa difficilissima vigilia.
 

© 2012 Il Sole 24 Ore. Tutti i diritti riservati

SEGUICI
SU
FACEBOOK

Ti potrebbe interessare anche:

Dichiarazione di Valerio Federico, Tesoriere di Radicali Italiani: "Gli stati nazione hanno fallito nel governo dei grandi fenomeni in corso quali l’immigrazione, le crisi economico-finanziarie, i cambiamenti climatici e il terrorismo internazionale. Il regionalismo italiano ha prodotto spesa...
Sabato 8 ottobre a Roma alle ore 16 ci ritroveremo in Piazza Mazzini e marceremo fino a Castel S. Angelo per un società aperta e per lo Stato di Diritto, con Emma Bonino, insieme ai rappresentanti di molti popoli oppressi nel mondo. Con questa iniziativa vogliamo porre l’attenzione sul pericoloso...
Dichiarazione di Riccardo Magi, segretario di Radicali Italiani, e Alessandro Capriccioli, segretario di Radicali Roma   "L’emendamento della maggioranza sulle concessioni balneari, presentato nell’ambito del decreto enti locali, è dannoso poiché espone l'Italia al rischio di una nuova...