Fukushima fa cambiare idea anche ai francesi il 77% contro l'atomo

Tre quarti dei francesi dicono basta al nucleare, sono disposti a programmare un'uscita dall'energia atomica civile, che assicura 1'80 per cento dei consumi elettrici del paese. La catastrofe di Fukushima e la decisione tedesca di abbandonare l'atomo sembrano aver spezzato quel consenso monolitico che la scelta gaullista aveva creato. Certo, un sondaggio può essere smentito dall'oggi al domani, dire no al nucleare senza conoscere le conseguenze è senz'altro riduttivo, ma il dato resta incontestabile: una stragrande maggioranza di francesi si pronuncia contro i 59 reattori che assicurano l'indipendenza energetica del paese. Pochi mesi fa era impensabile.
Il sondaggio realizzato dall'Ifop sembra inappellabile: il 62% dei francesi auspica un'uscita dal nuleare nell'arco di 25-30 anni, mentre il 15% chiede un arresto rapido delle centrali. Un risultato che imbarazza tutti: l'industria atomica e Edf, una lobby potentissima che da 40 anni almeno ha imposto il nucleare come un dogma, sia per i posti di lavoro che assicura sia per l'indipendenza dal petrolio; il governo, che continua a credere nell'atomo, malgrado il 55% degli elettori di centro-destra si sia pronunciato per le energie alternative; l'opposizione di sinistra, maggioritariamente filoatomo, ma ormai costretta a fare i conti con i Verdi, che pongono come condizione a un accordo elettorale nel 2012 lafine del nucleare. Il sondaggio ha provocato una levata di scudi a destra: i consiglieri dell'Eliseo puntano la difesa sui prezzi («le rinnovabili costano il quadruplo», dicono). L'opposizione è prudente, con l'eccezione di Ségolène Royal: «60 mila pale eoliche equivalgono alle centrali atomiche».
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