Francesco Profumo

Dalla Rassegna stampa

L’insegnamento della religione così come è concepito oggi non ha più molto senso. Il paese è cambiato e bisogna cambiare il modo di fare scuola.

Il tasto è uno di quelli che più delicati non si può: l’ora di religione. Una ferita aperta per molti (aggravata anche dal crocifisso nelle aule e soprattutto dai finanziamenti alle scuole paritarie) e un nervo scoperto per altri. E ieri il dito nella piaga lo ha messo (anzi, rimesso perché ne aveva già parlato alla festa di Sel) il ministro dell’istruzione, Francesco Profumo, che nel presentare l’archivio storico del ministero, ha spiegato la sua idea di scuola rinnovata: «Revisione dei programmi» a partire dall’insegnamento della religione e della geografia. «Credo – spiega – che il paese sia cambiato, nelle scuole ci sono studenti che vengono da culture, religioni e paesi diversi. Penso che si debba cambiare il modo di fare scuola, che debba essere più aperto. Ci vuole una revisione dei programmi». Un discorso che, secondo Profumo, potrebbe coinvolgere (una parziale ritirata per bloccare le inevitabili polemiche?) anche l’insegnamento della geografia: si può imparare anche ascoltando chi viene da un altro paese. Parole che sono piaciute agli studenti medi (mai successo con la Gelmini): «La didattica italiana è ferma a 40 anni fa».
E mentre arriva un “si può fare” del cardinale Ravasi («Il cristianesimo va insegnato, ma c’è spazio anche per un aggancio con il mutare della società e lo sviluppo dei tempi e della cultura»), dal fronte della politica i “non si può fare” si sono sprecati: a cominciare da Maurizio Lupi, Pdl di rito ciellino («Non possiamo annacquare ciò che siamo per far piacere agli altri»), passando per Paola Binetti dell’Udc («Chi non vuole, può restare fuori dall’aula») per finire con Davide Cavallotto, Lega: «L’ora di religione non si tocca». Sul fronte opposto i Radicali che chiedono proprio l’abolizione dell’insegnamento della religione, e l’Idv che vuole tagliare «i fondi stanziati per le scuole private e confessionali».
E anche se poi al Quirinale il ministro ha ribadito che vuole una scuola «dell’inclusione e non dell’esclusione », la polemica non accenna a placarsi. Sulle barricate gli insegnanti di religione con il presidente del sindacato autonomo (Snadir) che accusa duramente il titolare di viale Trastevere di non aver letto, ma firmato, due intese riguardanti proprio questa materia: «Questa educazione multiculturale alle religioni è già prevista e attuata». Già, i 25mila insegnanti di religione (fino al 2004 assunti senza concorso) sono un problema, soprattutto perché ormai supera il 10 per cento la percentuale degli studenti che durante l’ora di religione escono dalla classe.

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