Fondazioni bancarie nel mirino dei Radicali

Dalla Rassegna stampa

Fuori i partiti dalle banche, e fuori, o comunque forte ridimensionamento, delle Fondazioni nelle spa. “Sbanchiamoli”, la più recente campagna dei Radicali, è stata presentata ieri a Pordenone da Stefano Santarossa, leader dei Radicali friulani, Alessandro Massari, della direzione nazionale dei Radicali, Valerio Federico, tesoriere di Radicali italiani, insieme ad Alessandro De Re (Fare per fermare il declino), Fernando Padelletti (Forza Italia), Sergio Zaia (Pd), ospiti dell’iniziativa che condividono, e Mario Puiatti, “storico” esponente dei radicali del Fvg. Nel mirino della petizione, già inviata ai presidenti di Camera e Senato con annessa proposta di legge, finiscono le Fondazioni bancarie e il loro ruolo all’interno delle banche, comprese quelle friulgiuliane (Fondazione Crup, Fondazione Cassa di risparmio di Trieste e Fondazione Cassa di risparmio di Gorizia), sostanzialmente di controllo anche se al di sotto del limite dei 51% di capitale sociale delle Spa detenuto.

«Che peraltro - ha spiegato Valerio Federico - nel caso di grandi istituti come Monte dei Paschi di Siena, il 28% della Fondazione Intesa SanPaolo è sufficiente per controllare la banca». E chi nomina i componenti dei Cda delle Fondazioni? Nel solco della migliore tradizione politica della Prima repubblica, è la politica che sceglie. Oggi come ieri, secondo i radicali. Il peso delle Fondazioni è, come si diceva, rilevante: «In Mps c’è una Fondazione che, con il 28%, esprime la maggioranza del Cda della banca; in Unicredit sono 11 le Fondazioni con l’11% - ancora Federico -. La Crup è il 7° azionista di Intesa Sanpaolo con lo 0,5%, la Fondazione Cassa di risparmio di Gorizia è decima con lo 0,31, la Fondazione Cassa di risparmio di Trieste è il settimo azionista di Unicredit con lo 0,34». Se è compito della politica «dettare le regole non può occuparsi direttamente di gestione della finanza», compito che svolge anche male, sempre secondo i radicali, perché «il sistema bancario italiano si è dimostrato meno efficiente di quelli europei. Occorre evitare potenziali conflitti di interesse ed evitare anche che i vertici degli istituti di credito vengano scelti per meriti diversi da quelli della competenza».

L’essere così pesantemente presenti nel capitale delle Spa comporta, alle Fondazioni, di investire parte del proprio capitale oltre che la sua remunerazione, in operazioni di ricapitalizzazione, quando necessarie, riducendo in questo modo, e anche sensibilmente, le disponibilità che dovrebbero riversare sul welfare. Disponibilità che, denunciano sempre i radicali, sono drasticamente diminuite negli ultimi anni anche a causa della mancata diversificazione degli investimenti. Invocano poi «il rispetto delle leggi» nella sostanza, oltre che nella forma. Le norme che hanno imposto alle Fondazioni di rinunciare al controllo delle banche sono state rispettate numericamente, ad esempio la fondazione Cassa di risparmio di Trieste registra il 47% del proprio patrimonio in un’unica banca Unicredit, mentre quella di Gorizia ha il 46% in Intesa Sanpaolo. «Ma il controllo permane». E a dimostrazione delle scelte poco oculate, i radicali rimarcano che Crup ha quasi dimezzato il proprio patrimonio partecipando alle operazioni di aumento di capitale».

 

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