Fine vita: liberi di scegliere La legge è un tranello, meglio il referendum

Dalla Rassegna stampa

Da mesi non se ne sentiva più parlare, tranne che ai tavoli di raccolta firme radicali. Ma sono bastate due vicende personali a riaprire dibattiti dei quali il regime italiano non avvertiva l'esigenza.
C. e P. volevano mettere al mondo un figlio che non fosse affetto dalla loro malattia senza incorrere nel rischio i dover abortire, così hanno presentato e vinto un ricorso alla Corte europea dei diritti umani per poter accedere alla fecondazione assistita e all'analisi preimpíanto. Il Cardinale Carlo Maria Martini è deceduto dopo aver rifiutato di proseguire le terapie alle quali era sottoposto.

D'improvviso l'Italia ha potuto tornare a discutere di due temi ufficialmente scomparsi, in realtà ben presenti nella società, semmai aggravati dalla latitanza delle istituzioni. Sulla fecondazione assistita, c'è da temere che sarà lo stesso Governo, come preannunciato, a infilarsi nella strada di un ricorso che lo metterà in rotta di collisione con l'Europa dei diritti. Sull'interruzione delle terapie non incombono scadenze istituzionali tranne le iniziative per il registro dei testamenti biologici nei comuni (è in corso la campagna referendaria romasimuove.it), così l'unica battaglia da ingaggiare è quella volta ad arginare le reazioni di un'opinione pubblica a stragrande maggioranza favorevole al testamento biologico, e per metà favorevole all'eutanasia legale.

Il Cardinale Carlo Maria Martini ha rifiutato "l'accanimento terapeutico", si è letto ovunque. Sarebbe più corretto dire che ha rifiutato la prosecuzione delle cure: l'accanimento non c'è alcun bisogno di rifiutarlo, visto che è vietato. Ma è meglio fermarsi con le precisazioni perché inseguendo le definizioni ci infileremmo nel terreno privilegiato di chi ha bisogno di difendersi dalla pubblica conoscenza: l'imbroglio terminologico. I telegiornali hanno dato grande risalto (senza alcun diritto di replica) all'attacco della Conferenza episcopale contro chi osasse paragonare il caso Martini ai casi Welby ed Englaro. Gli ufficiali in servizio di propaganda permanente, stile Sacconi e Calabrò, hanno riempito di contenuti la strategia della confusione: è determinante distinguere - secondo loro - tra disabili (come Eluana Englaro!) e malati terminali, tra chi ha speranza di vita breve e chi lunga, tra sostegno vitale e terapie; fino ad arrivare al capolavoro di Monsignor Sgreccia, che è arrivato a distinguere tra il diritto (riconosciuto) a non attaccare una macchina e il diritto (da negare) a poterla staccare.

Nella giungla di definizioni delle più dotte e minuziose sì nasconde l'unica cosa che davvero conta: la scelta libera e responsabile, del Cardinale Martini come di chiunque altro sì è trovato nelle condizioni di esercitarla - lo stesso Giovanni Paolo II, che rifiutò un ulteriore ricovero - oppure, al contrario, di chi ha dovuto subire divieti per mesi o, nel caso di Eluana Englaro, per 17 anni.

Le vicende personali sono tutte diversissime. Martini non era Welby: non aveva fatto una campagna per legalizzare l'eutanasia ("colpa" che portò Ruini a negare il funerale religioso), aveva un'aspettativa di vita probabilmente brevissima, e pare non abbia avuto bisogno di una sedazione terminale. Martini non era Englaro: era cosciente, ha potuto esprimere la propria volontà. L'elemento che accomuna casi così diversi è "solo" quello più importante, quello della "scelta". L'esistenza di una scelta libera è quanto basta sapere per chi non pretende di autoinvitarsi ai capezzali dei malati a controllare quanto terminale sia il malato, quanto terapeutica sia la nutrizione, quanto robusta sia la sedazione, per poi decidere se devono essere liberi di scegliere oppure no.

Il disegno di legge Calabrò è il testo di riferimento per attuare la strategia proibizionista: primo, si creano definizioni particolareggiate per classificare i malati; secondo, si usano le classificazioni per consegnare il maggior numero di persone alla supremazia delle volontà altrui: medici e familiari, con i giudici chiamati a dirimere controversie nel contesto di un sistema giustizia paralizzato e illegale. L'ostacolo del fronte clerical-partitico rimane l'opinione pubblica. Se le regole saranno rispettate, a Milano il Consiglio voterà entro l'anno la proposta di registro del testamento biologico avanzata da 12.000 firmatari. A Roma, se 50.000 cittadini avranno sottoscritto entro il 5 ottobre il referendum di Romasìmuove sullo stesso tema, il voto referendario potrà mettere in crisi i piani di chi, da destra a sinistra, vuol far dimenticare al più presto la parentesi di pubblica riflessione aperta dal "caso Martini". Appuntamento al Congresso dell'Associazione Luca Coscioni a Milano, 6 e 7 ottobre.
 

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