Fede nella scienza

Può darsi perfino che la scienza non possa a buon diritto fregiarsi della qualifica di conoscenza laica. Il sapere scientifico è capace di autoironia? Non sono un esperto, ma se la risposta dovesse essere che la scienza, il linguaggio scientifico, non conoscono l'autoironia, il dubbio guadagnerebbe magari pretestuosamente - in credibilità. Mentre in treno risalgo l'Inghilterra leggo sul Times, parecchio involgarito ma non ancora un tabloid scandalistico, un titolo in bella evidenza: "Siamo programmati per credere in Dio? Non proprio, ma Lui è davvero nel nostro cervello (the mind). Così dicono gli scienziati". Scorro l'articolo: dopo una ricerca, durata tre anni al costo di quasi due milioni di sterline, alcuni professoroni dell'Università di Oxford hanno scoperto che nel nostro cervello ci sarebbe una innata tendenza (inbuilt bias) a interpretare il mondo in termini religiosi o spirituali. Addirittura, saremmo predisposti a credere nell'aldilà, come nel film di Clint Eastwood, "Hereafter". Ciò vuol dire prosegue l'articolo - che "la vita pubblica avrà sempre una forte dimensione religiosa". "Il cervello (the mind) - aggiunge il prof. Roger Trigg, docente di filosofia dell'Università di Oxford e codirettore della ricerca - è aperto all'agente sovrannaturale (supernatural agency). La cosa ha a che fare con la nostra struttura cognitiva di fondo (basic cognitive architecture).
Sarebbe però semplicistico parlare degli uomini in termini di esseri "programmati" per credere in Dio. Nel processo interferisce sicuramente una qualche influenza ambientale, e comunque gli uomini non sono monoteisti per natura: il fenomeno potrebbe manifestarsi anche in forme politeistiche. Al professore è stato chiesto come mai, se le cose stanno come lui dice, è così difficile per gli uomini credere in tale Dio. La sua risposta è che, se fossimo obbligati a credere in Dio, sarebbe una violazione della libertà dell'uomo.
Quelle ricerche laiciste e fideiste
Il mondo anglosassone ha molta fiducia in questo tipo di ricerche socioantropologiche, che io semplicemente definirei laiciste e fideiste. Il "Progetto su conoscenza, religione e teologia" diretto da Justin Barrett, del centro per l'Antropologia e il Cervello (the mind) di Oxford, ha coinvolto - assieme al prof Trigg - 57 ricercatori, che hanno condotto più di 40 inchieste in 20 paesi, lavorando su società ateiste o religiose. In una di queste inchieste, è stato chiesto ad alcuni bambini se la mamma sarebbe stata capace di indovinare il contenuto di una scatola chiusa. Quelli di tre anni hanno risposto che la mamma e Dio sicuramente sarebbero capaci, mentre i bambini di quattro anni cominciavano a rendersi conto che la mamma non sarebbe stata onniscente, e tuttavia hanno continuato ad aver fiducia che vi sia un essere soprannaturale capace di farlo: Dio. Altre ricerche, condotte in Cina e nell'Irlanda del nord da Jing Zhu della Tsinghua University e da Natalie Emmons e Jesse Bering della Queen's University di Belfast hanno scoperto che la gente ha una istintiva credenza circa il fatto che il cervello (the mind), anima o spirito, continuano a vivere dopo la morte: il che starebbe a significare che l'uomo è naturalmente "dualista", in quanto ritiene che anima (the mind), pensiero e corpo sono distinti e separati. Il prof Barrett conclude peraltro che "la ricerca non può provare se Dio esiste o no. Non è detto che, se noi troviamo più facile pensare in un certo modo, questo significhi che quel che pensiamo è vero fattualmente". Dopo questa perentoria confutazione della prova ontologica di sant'Anselmo, il professore ha rilevato che comunque gli individui con una fede religiosa sono più adattati alla collaborazione sociale. Per il professore è stato "interessante" anche scoprire che la religiosità prospera di meno nelle città dei paesi sviluppati, nelle quali già sono presenti reti di sostegno sociale.
Giro la pagina, e scopro un piccolo box con una recente riflessione dello scienziato Stephen W. Hawking, (che è dato come in fase terminale): "Il paradiso è una favola per gente che ha paura del buio. Quando uno muore, l'interruttore del cervello si spegne come un computer collassato". Ma sono arrivato a destinazione, l'imponente complesso di un rinomato college cattolico per i figli di famiglie facoltose, anche non inglesi. Da qualche tempo vi sono ammesse le ragazze, penso che non siano più in uso i metodi di educazione in voga fino a ieri quando gli studenti, per punizione, venivano sadicamente frustati sul sedere, coi pantaloni tirati giù. Il college ha una eccellente biblioteca per studi filosofici e storici. Mi incuriosisce un titolo: "Darwinism and the Divine: Evolution thought and natural theology". Su un pilastro di legno della libreria, in eleganti caratteri italiani, è inciso un motto, "Quel che Dio vuole, io voglio": un verso di Dante? Allo shop, acquisto qualche regalino da portare a Roma. Pago con un biglietto di banca da dieci sterline, che ha su una faccia l'immagine della regina Elisabetta, sull'altra - dove noi avremmo messo Michelangelo o Raffaello - quella di Charles Darwin.
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