«Fecondazione negata a noi malati» La Corte europea accoglie il ricorso

Dalla Rassegna stampa

La Corte europea per i diritti dell'uomo di Strasburgo si occuperà della legge italiana sulla fecondazione artificiale. La stessa Corte, infatti, ha accolto il ricorso presentato da una coppia italiana di Cinquefrondi (Reggio Calabria), Rosetta Costa e Walter Pavan, entrambi portatori di fibrosi cistica, che vorrebbero utilizzare le tecniche di procreazione medicalmente assistita per avere un figlio sano, scegliendo gli embrioni privi di alterazioni genetiche.

Nel ricorso gli avvocati dei due coniugi sostengono che con il divieto di selezionare gli embrioni verrebbe violato il diritto alla vita privata e familiare, oltre a quello di non essere bersaglio di discriminazioni rispetto a genitori sani, principi sanciti dagli articoli 8 e 14 della Convenzione europea sui diritti dell'uomo.

I due ricorrenti hanno scoperto di essere entrambi portatori sani di fibrosi cistica quando è nato il loro primo figlio, il 9 settembre 2006, che è venuto al mondo malato. Quando la donna è rimasta di nuovo incinta, i due hanno fatto ricorso a un test prenatale, scoprendo che il feto era anche lui malato di fibrosi cistica, e la coppia ha optato per l'aborto. L'unica via, secondo la coppia, a questo punto è quella di accedere alla fecondazione assistita, per selezionare l'embrione che risulti non malato.

Nel comunicato con cui annuncia di aver avviato il procedimento, la Corte ricorda come coppie nella stessa situazione in altri Paesi possano servirsi della selezione degli embrioni e accedere alle tecniche, possibilità quest'ultima che la legge 40 riconosce solo in presenza di diagnosi di infertilità. È la prima volta che la Corte si occupa della legge italiana. L'unico precedente riguarda una coppia austriaca che chiedeva di poter utilizzare tecniche di fecondazione eterologa vietate. In quel caso Strasburgo ha dato loro ragione e ha chiesto al governo di Vienna di intervenire per eliminare la discriminazione legislativa.

«È soltanto un primo passaggio burocratico Un atto dovuto che non riguarda l'ammissibilità del ricorso né valutazioni di merito. I giudici europei dovranno riunirsi per la valutazione di ammissibilità. Soltanto se il ricorso venisse accettato potrebbe scattare un procedimento contro l'Italia», frena il sottosegretario alla Salute, Eugenia Roccella.

Filomena Gallo, vicesegretaria dell'associazione Luca Coscioni, si dichiara soddisfatta e ritiene un successo il fatto che comunque la questione abbia ricevuto attenzione al di fuori dei nostri confini: «Quando a Strasburgo la esamineranno, mi auguro che decidano di aprire a tutti coloro che per avere un figlio devono essere aiutati dalla medicina. Basta con le disuguaglianze, bisogna riaffermare l'universalità dei diritti». Secondo Gallo in questo caso l'ingiustizia dipende dal fatto che i nostri centri sono aperti solo a pazienti con problemi di sterilità, con l'unica eccezione per le persone sieropositive.

Per Livia Turco, deputata pd, «l'apertura di un iter a livello europeo» conferma come la legge 40 sia «vulnerabile per il suo impianto ideologico e le norme sono spesso sottoposte a valutazioni di costituzionalità perché lontane dalla vita dei cittadini».

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