Europa, la battaglia dei vincoli

«I fondi strutturali vanno esclusi dai vincoli posti dal Patto di stabilità». È la proposta che Matteo Renzi porta al Consiglio Europeo di Bruxelles, scontrandosi con le posizioni conservatrici di Barroso e Van Rompuy. Schulz: «Io sto con Matteo». Il bottone questa volta non l’ha sbagliato, come fa notare lui stesso ai giornalisti, mentre stringe la mano al presidente della Commissione Ue Manuel Barroso, ma per Renzi la giornata di Bruxelles ha avuto altre smagliature. Come la risatina fra lo stesso Barroso e il presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy al momento di rispondere alla domanda del corrispondente di Radio Radicale, David Carretta, sulla reale capacità del premier italiano di convincere i vertici europei sulla sostenibilità delle proprie riforme. Un messaggio indiretto, che a molti ha ricordato i sorrisi di Merkel e Sarkozy su Berlusconi, su una presunta inaffidabilità italiana, tanto che entrambi si preoccupano di sottolineare che i vincoli sono da rispettare non solo perché ci sono patti sottoscritti, ma anche perché la parità di bilancio l’Italia l’ha messa in Costituzione. Lettura forse esagerata, ma certamente rigettata da Palazzo Chigi e dallo stesso Renzi che non a caso, appena s’affaccia di fronte ai giornalisti fa subito notare il tweet con cui il presidente della Commissione Barroso, commentando una foto assieme a Renzi, fornisce una apertura di credito alla piattaforma italiana parlando di incontro «molto positivo» e spiegando che l’Europa «sostiene» le riforme italiane. Un tweet «molto chiaro» sottolinea Renzi.
Utile perlomeno a sgombrare il campo, fanno notare gli uomini del premier, da possibili equivoci su vincoli da rispettare come chiede l’Ue e volontà di rispettarli come continua a ripetere l’Italia. E come ribadisce il premier («stiamo rispettando tutti i vincoli») facendo notare come in Italia il rapporto debito/Pil sia sotto il fatidico tetto del 3%. Le polemiche sui numeri e le coperture alle sue misure, dice, sono «incomprensibili» e chi non si fida di quello che ha garantito lo scorso con le slides una settimana fa, può aspettare il Documento di economia e finanza. E lì troverà tutti i numeri che cerca. Insomma il premier ci tiene a far sapere che la sua visita al Consiglio europeo non è quella di «uno studente fuori corso», ma di un premier di un Paese che è un fondatore della Ue e che soprattutto è in regola, ma che ora vuole uscire dalla crisi cambiando se stesso in profondità e in poco tempo. Renzi si dice convinto che questo messaggio coi partner europei è «passato, ma che adesso il compito più complesso e che riguarda anche i colleghi europei è far passare fra le famiglie italiane il messaggio che l’Europa non è il problema, ma «la soluzione ai nostri problemi». Del resto lo stesso sorrisino incriminato esce dalla bocca di Barroso prima che il presidente della Commissione in- contri Renzi. I due si vedono solo dopo la partecipazione del Presidente del Consiglio al pre-vertice coi colleghi del Pse. Dove Renzi ha trovato voci assai assonanti con le sue richieste. Come testimonia il sostegno del presidente del Parlamento Europeo e candidato dei socialisti europei alla presidenza della Commissione alle elezioni del 25 maggio, Martin Schultz. «Io sto con Matteo e con le sue riforme» dice, prima di volerlo a fianco, alla propria sinistra nella tradizionale foto di rito con tutti i Capi di Stato e di governo della Ue. Per Schultz infatti Renzi ha spiegato «molto bene» perché non mettendo in discussioni gli impegni derivanti dai tratti europei a cominciare da Maastrich, gli investimenti per la crescita vadano tenuti fuori dai vincoli di rispetto del debito.
L’obiettivo con cui infatti Renzi è salito a Bruxelles è quello di far considerare fuori dal patto di stabilità i fondi comunitari, i soldi per rimettere a posto le scuole e quelli per gli interventi di messa in sicurezza del territorio. Almeno questa è la cartellina che, prima di prendere l’aereo, fa vedere ai presidenti delle regioni guidati da Vasco Errani e alla delegazione dei sindaci con a capo quello di Torino Piero Fassino. Due incontri da cui la strategia renziana esce rafforzata. Tanto che il presidente dell’Anci, Fassino, spiega che i comuni non saranno interlocutori, ma «alleati» del pre- sorrisino tra Barroso e Van Rompuy a una domanda sull’Italia richiama il caso Merkozy In un tweet il presidente della Commissione Ue poi smorza: «Incontro positivo, bene le riforme» mier in questo cammino. «C’è piena condivisione alla spinta riformatrice che il governo vuole realizzare» dice Fassino. Ma oltre che sui contenuti Renzi incassa un sostanziale via libera da governatori e sindaci anche sui tempi. Entro la prossima settimana dovranno essere definite le proposte sul superamento del bicameralismo con la trasformazione del Senato in Camera delle Autonomie e sulla modifica del Titolo V che prevede non solo un nuova distribuzione di competenze fra Stato e Regioni, ma anche il superamento in Costituzione delle Province che intanto, come chiedono ai parlamentari Regioni e soprattutto Comuni, dovranno essere svuotate di competenze attraverso la legge Delrio in attesa del sì (si ricomincia martedì) dal Senato.
Ed è di questa trasformazione «strutturale» che tocca le istituzioni italiane, in cui ovviamente va inserita anche la nuova legge elettorale che permette di avere un chiaro vincitore con una chiara maggioranza per governare, e che riguarda anche lavoro e fisco che Renzi ha discusso con Barroso. Come già aveva fatto sabato a Parigi con Hollande e Lunedì a Berlino con la Merkel. «Noi stiamo cambiando e rivoluzionando l’Italia» un processo che è «molto più importante che non lo 0,10 lo 0,2». Il tema dei soldi di cofinanziamento dei fondi europei messi da Stato e Regioni da tener fuori il patto di stabilità è «sul tavolo» spiega il viceministro agli affari europei Sandro Gozi, ma con Barroso «non è stato posto». «Abbiamo parlato di riforme, non di zero virgola» precisa lo stesso premier. Di certo il faccia a faccia è stato piuttosto lungo e non privo di battute. Con Renzi che si sede alla destra del presidente della Commissione Ue spiegandogli che è difficile trovare qualcuno più a destra di lui e con Barroso che gli ricorda quando due anni fa, dopo un incontro fiorentino, gli profetizzò un futuro da premier.
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