Eurobond utili anche ai virtuosi

Gli indirizzi di politica economica che i singoli Paesi stanno adottando sono ispirati a un'unica filosofia: la stessa del fiscal compact che prevede l'applicazione sempre e comunque di politiche di rigore. Lo stesso salasso per tutti quale che sia l'origine della malattia. Il risultato immediato di tale scelta è l'attuale recessione in tutta Europa e anche l'impossibilità da parte di alcuni Paesi di rispettare gli impegni appena assunti.
La conclusione della vicenda sarà che i disavanzi e i debiti pubblici non si ridurranno, ma al contrario cresceranno, esattamente come è accaduto con la Grecia negli ultimi due anni e mezzo, e si riproporranno problemi e questioni finora rimosse relative alle conseguenze ultime della crisi finanziaria del 2007-2008.
L'errore fondamentale commesso in Europa consiste infatti nel non voler comprendere che la crisi delle finanze pubbliche dei Paesi europei è un effetto della crisi finanziaria e non la sua causa. Disavanzi e debiti sono aumentati a causa del crollo del gettito tributario e dell'aumento delle spese collegato alla caduta del reddito (effetti automatici), delle misure discrezionali di sostegno dell'economia e del salvataggio delle banche. In altre parole, per salvare l'economia i governi si sono fatti carico dei debiti privati (soprattutto delle banche) e hanno fatto da ammortizzatori degli effetti cumulativi a cascata provocati dalla grande crisi.
Ed è proprio l'eccesso di debito provocato dalla crisi che ha peggiorato la situazione finanziaria già molto precaria di non pochi Paesi. Si tratta di un problema che riguarda praticamente tutti i Paesi sviluppati.
Secondo il Fondo monetario internazionale il rapporto debito/Pil delle economie avanzate ha superato il 100% nel 2011, e supererà il 110% nel 2013 con un aumento di circa 40 punti rispetto alla situazione precedente la crisi. Il problema principale del prossimo futuro sarà quindi come riuscire a smaltire questo eccesso di debito.
Le esperienze passate sono state sintetizzate ed esposte in numerosi lavori di Reinhart e Rogoff (e associati) molto citati negli ultimi mesi e forse poco compresi nelle loro implicazioni di fondo.
In questi studi si dimostra che i grandi debiti accumulati (per esempio, dopo la crisi del 1929 e dopo la guerra) non vengono in pratica mai rimborsati interamente secondo princìpi e criteri ortodossi. Essi spesso vengono eliminati (o ridotti) in seguito a un default o a una ristrutturazione, oppure mediante una forte inflazione (come fece Einaudi con l'Italia dopo la Seconda guerra mondiale). Talvolta sono riassorbiti grazie a un periodo di forte crescita economica, che oggi non appare molto probabile, ma più spesso sono stati gestiti mediante sistematici interventi di "repressione finanziaria" consistenti nel collocare forzosamente il debito presso le istituzioni finanziarie o i fondi pensione, o imponendo tetti ai tassi d'interesse. Per effetto di questo genere di misure negli Stati Uniti il tasso d'interesse reale sul debito pubblico risultò negativo per un quarto del periodo compreso tra il 1945 e il 1980, e lo stesso accadde in Italia per tutti gli anni 70.
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