Eppur si muove, con fatica

Dalla Rassegna stampa

Nelle more della vicenda Fiorito (ultima di una lunga serie, da Belsito a Lusi fino all’inchiesta lombarda) e nel giorno in cui il capo dello stato lancia un monito a risanare la politica contro «i vergognosi fenomeni di corruzione», per il Palazzo non è il momento di scivolate, semmai di fughe in avanti. E nel voto in aula della riforma del regolamento ieri la camera non si è forse lanciata in fughe in avanti, ma ha segnato un punto importante nella direzione dei controlli delle risorse che vengono attribuite ai gruppi. Mettendosi in scia con la legge sui finanziamenti dei partiti approvata prima dell’estate.
Sicché ieri, con 479 voti a favore, 9 astenuti e un voto contro – quello dell’irriducibile Barbato, Italia dei Valori – Montecitorio ha modificato le sue regole di funzionamento, dando indicazioni chiare e vincolanti sul modo in cui i gruppi parlamentari devono rendere conto dei fondi che vengono loro trasferiti.
Viene dunque introdotto in via definitiva il principio di certificazione dei rendiconti da parte di società esterne che la scorsa settimana era stato protagonista di un discusso indietro e avanti (prima non contemplato e poi ripristinato in giunta). L’autodichia, vale a dire l’autonomia degli organi costituzionali che aveva in un primo tempo portato a escluderlo, risulta comunque tutelata dal fatto che l’ultima parola spetta ai Questori, con l’ufficio di presidenza in cui tutti i gruppi vengono rappresentati come terminale ultimo.
A ciascuno di essi viene assegnato ogni anno un contributo finanziario (determinato sulla base della consistenza numerica) a carico del bilancio della camera, unico e onnicomprensivo (attualmente le risorse arrivano da quattro diversi canali), vincolato a finalità istituzionali ben definite (l’attività parlamentare e le funzioni di studio, editoria, comunicazione a essa ricollegabile, per esempio). I bilanci verranno allegati a quello di Montecitorio e dunque saranno verificabili on line. I singoli gruppi dovranno poi dotarsi di uno statuto nel quale indicheranno le forme di pubblicità dei documenti relativi all’organizzazione interna del gruppo, con riferimento anche agli emolumenti del personale, nel nome della trasparenza.
Nel pomeriggio l’aula è slittata per dare la possibilità alla giunta del regolamento di esaminare gli emendamenti presentati in mattinata, cinque dei radicali e uno del deputato democratico Salvatore Vassallo.
Non è stata accolta l’indicazione radicale di fare riferimento alla Corte dei conti come organo di controllo. Mentre sono state in parte recepite le indicazioni di Vassallo. Non laddove prevedevano nella sostanza una riduzione dei fondi da attribuire ai gruppi parlamentari, stabilendo che le risorse non devono essere superiori alla metà dell’ammontare complessivo di quelle assegnate ai singoli deputati del gruppo per spese generali e pagamento dei collaboratori.
Una cosa da affrontare in altra sede, secondo i relatori, e comunque materia di legge.
È stato invece accolto il principio che il contributo deve essere dimensionato alla composizione dei gruppi e che va trasferito attraverso un unico canale. Insieme a quello, anche se riformulato, della pubblicità del numero dei dipendenti dei gruppi e del trattamento economico dei dirigenti.

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