Dopo Fukushima obiettivo sul 2050 con un mondo tutto rinnovabile

Ci sono voluti 25 anni da Cernobyl. Ma chi pensa che in questa parentesi temporale siano andate in scena vere e proprio rivoluzioni nel nome dell'atomo, si sbaglia. I nuclearisti convinti maledicono il momento in cui l'Italia è scesa dal carro delle centrali ad uranio.
Eppure, dal 1986 ad oggi, se facciamo eccezione per un paio di casi, piuttosto che veder fiorire centinaia di nuovi impianti, è stato un lento consumarsi degli impianti nucleari già esistenti alla data del disastro in Bielorussia. E da allora ad oggi, l'energia «regalata» dall'uranio al mondo intero si è fermata appena al 2% del totale. Non molto di più se nel settore energetico più in generale si isola quello dell'elettricità, per il quale il contributo nucleare sale al 14%.
Insomma, se l'Italia è stata ferma, non è che il mondo abbia impresso chissà quale accelerata. E oggi, con quello che è successo a Fukushima, il programma mondiale rischia di perdere, almeno in parte, uno dei paesi paladini del nucleare nel mondo, il Giappone. Il governo del Sol Levante aveva già parzialmente rivisto il programma nucleare spostandosi sulle fonti rinnovabili, ma dopo lo tsunami che ha mandato in tilt lo scorso 11 marzo, i reattori in una delle più vetuste centrali di sua maestà l'Imperatore, la sterzata è stata ancora più decisa. La strategia prevede tre punti: stop alla costruzione di nuovi reattori nucleari, realizzazione di opere di protezione anti-tsunami e miglioramento qualitativo dei sistemi di sicurezza per gli impianti operativi oltre all'avvio di una politica energetica basata sulle rinnovabili.
Il Giappone, Paese che certo non si perde in dibattiti, avrebbe scelto, per il dopo Fukushima, l'eolico. Una fonte poco produttiva. Dall'istituto per le politiche sulle energie rinnovabili di Tokyo stimano di arrivare non già in maniera relativa, ma addirittura nella totalità del fabbisogno energetico, ad una produzione basata esclusivamente sulle energie rinnovabili entro il 2050. In fondo poco più del tempo trascorso tra Cernobyl e Fukushima.
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