Il divorzio breve può attendere vince la noncuranza bipartisan

Ci sono leggi che esistono solo sulla carta e giacciono, per lunghi anni, rinchiuse nei cassetti del Parlamento. Ogni tanto spuntano fuori, accendono brevi quanto intense polemiche e poi di nuovo spariscono, inghiottite dai misteriosi meandri della politica italiana.
Una di queste leggi è il divorzio breve, riforma (a costo zero) di cui, grazie all'iniziativa dei Radicali, si parla da almeno due lustri e che sembrava arrivata a un passo dall'approvazione. Chi o cosa sia riuscito a farla sparire dal calendario della Camera nessuno esattamente lo sa, ma un pezzetto di verità traspare dalle parole con cui il capogruppo dell'Udc Gian Luca Galletti dichiara chiusa la vicenda: «Con tutto quello che abbiamo da fare in Parlamento, non mi sembra la priorità».
Il divorzio breve dunque può attendere, come già aspettano, da anni, altre questioni delicate quali il biotestamento, l'omofobia o la donazione del corpo post mortem. E la cosa che fa riflettere è che le leggi spedite alle calende greche - con noncuranza bipartisan - riguardano quasi sempre non l'avere ma l'essere, non il portafoglio delle persone ma la vita, la morte, il tempo, l'amore. In una parola: l'anima.
Come dice la leader radicale Emma Bonino «governo e Parlamento sono ossessionati dalle questioni economiche» ma i problemi etici nascondono spesso «enormi problemi sociali». E un Paese come il nostro, dove mettere fine a un matrimonio può costare «cinque anni e diecimila euro», rischia di essere la nazione europea «con il più alto spread tra democrazia e diritti».
Ma per una Emma Bonino, che spinge verso la ragionevole durata di un addio, c'è sempre una Paola Binetti che frena. Per l'onorevole centrista, cattolica dialogante quanto intransigente, «il problema non è il Vaticano, ma la prudenza a tutela della famiglia, soprattutto quando ci sono figli piccoli». Preoccupazione sacrosanta, che di certo non sarà sfuggita ai legislatori francesi, tedeschi o spagnoli. A Parigi si divorzia in media in 447 giorni, a Berlino in 321 e a Madrid in 180. Mentre a Roma, se tutto va bene (e di solito va male) ce ne vogliono 634.
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