I diritti dei gay e il ritardo dell’Italia - lettera

Dalla Rassegna stampa

Caro Augias,
non credo sia necessaria una sentenza, per quanto autorevole, per stabilire un diritto inalienabile dei nostri concittadini gay. Non si capisce perché non debbano godere dei nostri stessi diritti e piaceri della vita, e sposarsi tranquillamente come facciamo "noi". Non mi meravigliano tanto le stolide ritrosie da destra, quanto i mille distinguo e ipocrisie di casa nostra, dove ci si appiglia a motivazioni ridicole che nulla hanno a che vedere con il sacrosanto diritto all’uguaglianza. Quello che più mi addolora (ormai vicino ai 50), è vedere questo astio, questa mancanza di sensibilità nei confronti di due persone che si vogliono bene, che si amano, che hanno deciso di condividere il tubo di dentifricio spremuto a metà, la tazzina lasciata sul comodino, i cassetti disordinati, lo stare seduti accanto la sera a godere di un film stupido. Insomma, il gusto e la fortuna di condividere la vita fino a perdere i capelli, indossare la dentiera, camminare mano nella mano...
Alessandro Loppi - minimale@gmail.com

Già, perché succede? Perfino la Cassazione ha riconosciuto che le unioni gay sono in linea di principio equiparabili a quelle etero. Mi ha scritto Cristina Cusumano: «La suprema Corte sembra essere, anche in questo caso, ben più avanti di un Parlamento distante anni luce dalle esigenze di un Paese disilluso». La coppia omosessuale, hanno stabilito i giudici, "è titolare del diritto alla vita familiare". Si parla di alcuni riconoscimenti per una coppia che conviva stabilmente e che diventa pertanto titolare "del diritto alla tutela giurisdizionale di specifiche situazioni". La Corte ha anche dichiarato "superata la concezione secondo cui la diversità di sesso dei nubendi è presupposto indispensabile, per così dire naturalistico, della stessa esistenza del matrimonio". In altre parole i giudici sembrano aver voluto stimolare un Parlamento che appare ormai svuotato da ogni capacità d’iniziativa. Con questa sentenza si sono allineati al sentimento dominante non solo in Europa e nel mondo ma nella stessa Italia. Infatti le stesse reazioni negative ne hanno dovuto tener conto con un’insolita moderazione nei toni. Solo un vescovo ha avuto il coraggio di dichiarare la sentenza «una ferita mortale alla Costituzione» dimenticando le altre vere e gravi ferite alla Costituzione causate dalle ingerenze ecclesiastiche nella vita del Paese. Prevedibili le critiche da parte di alcuni deputati integralisti cattolici. La verità è che l’Italia ha un enorme ritardo nella tutela dei diritti individuali e non solo per i gay ma per tutti quei cittadini che intendono condividere alcuni diritti e doveri senza per questo contrarre un vero matrimonio. Ovunque nel mondo è possibile, da noi no.

 

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