Il differente

Quella trascorsa è stata, mediaticamente, "l'estate di Vasco Rossi". Il 20 giugno Morgan dichiara: «Vasco Rossi artisticamente è morto a 27 anni». «Chi? Morgan degli U2!Quello che di concerti a San Siro se ne intende. Cosa non si fa per un barlume di popolarità!» è l'ironica replica di Vasco. L'ultima data a Milano inizia con un ritardo di un'ora e mezza a causa di un fortissimo male alla schiena che lo perseguita da giorni. Il 26 giugno Vasco annuncia a Mollica: «Dichiaro felicemente conclusa la mia straordinaria attività di rockstar, questa è la mia ultima tournée». Poi la frecciata a Ligabue: « È un bicchiere di talento in un mare di presunzione». Le illazioni di Luzzato Fegiz che allude ad un tumore: una macchia nera sopra un polmone. «L'unica macchia nera è dentro la sua coscienza», è la piccata riposta di Vasco che, per le sue cure sospende il tour precisando: «Io non ho nessun tumore, ho un'infezione provocata da un batterio».
Un turbinio di notizie che hanno innescato un corto circuito esplosivo che, Facebook in testa, ha coinvolto tutti i media nessuno escluso, con chiarimenti, rettifiche e furibonde polemiche, davanti alle quali molti giornalisti sono rimasti un po' sorpresi, dimenticando che tutta la storia artistica di Vasco Rossi è sempre stata costellata da controversie.
Già nel 1975 quando spopola nel modenese come dj, decide di fondare Punto Radio, la quarta radio libera italiana che, dopo una settimana viene chiusa dall'Escopost e Vasco subisce il suo primo processo: episodio ripreso nell'incipit di Ultimo domicilio conosciuto. Il giovane Rossi ottiene l'assoluzione e Punto Radio diventa l'emittente più popolare della regione.
Nel '78 esordisce con "Che cosa vuoi che sia una canzone" e l'anno dopo pubblica "Non siamo mica gli americani" con gli evergreen Fegato fegato spappolato e Albachiara. Chiamato a prestare il servizio di leva, dopo soli quattro giorni viene ricoverato per depressione - non si sa se vera o fittizia - ottenendo la riforma per "inadattabilità al servizio militare" e, successivamente, un accertamento giudiziario per frode allo stato. Nell'80 sforna "Colpa d'Alfredo" con una scrittura gergale, l'utilizzo del parlato ed un suono più maturo venato di rock: oltre alla title track si distinguono Anima fragile e Sensazioni forti, che esegue con la Steve Roger Band il 14 dicembre 1980 dal Motorshow di Bologna per Domenica In. Lo scrittore Nantes Salvalaggio dal settimanale Oggi lo attacca violentemente: «Come una manciata di guano in faccia è apparso un complessino che io destinerei volentieri a tournée permanenti in Siberia, Alaska e Terra del Fuoco». Descrivendo Vasco come «un ebete piuttosto bruttino, malfermo sulle gambe, con gli occhiali fumè dello zombie, dell'alcolizzato, del drogato fatto». Vasco Rossi non replica. La sua popolarità cresce e si cala nel personaggio maledetto con "Siamo solo noi" («generazione di sconvolti che non han più santi né eroi»), più che un titolo uno slogan, in cui il musicista romagnolo eccelle: Vado al massimo, Vita spericolata, Portatemi Dio sono solo un esempio. Una stoccata a Salvalaggio arriva nell'82 da Sanremo con Vado al massimo: «Meglio rischiare che diventare come quel tale quel tale che scrive sul giornale».
Al Festival dell'83 invece di eseguire le prove scompare con il suo camper, in compagnia della supermaggiorata del Drive in Tinì Cansino. Compare solo per cantare Vita spericolata, un inno generazionale che esprime il desiderio di vivere "da protagonisti e senza regole" dei ragazzi di provincia dove invece non succede mai nulla.
Purtroppo arriva solo lo slogan che provoca forti polemiche e una denuncia di un impiegato romano. Salvalaggio lo bolla come «Il Baudelaire dei poveri, un furbo ragazzotto che si atteggia a poeta maledetto... Un individuo pericoloso che quando parla di viaggi non intende certo parlare di turismo». Nell'aprile '83 Vasco risponde duramente allo scrittore: «Dopo i cantautori la gente si è abituata a pensare che quando uno canta una canzone è sempre lui che parla. Per cui quando interpreto il personaggio del drogato in Sensazioni forti per la gente sono un drogato e invito i ragazzini a drogarsi. Invece no. E come un film in cui io faccio la parte del drogato, abbrutito più che mai. Faccio vedere in effetti cos'è la realtà della droga perché quello dell'eroina adesso è il pericolo più grosso. E Salvalaggio ci scherza sopra. Bisognerebbe metterlo in galera perché lui gioca, gioca sulla pelle della gente».
E l'anno dell'apoteosi: "Bollicine" vende oltre un milione di copie, conquista per mesi la vetta delle classifiche, vince il Festivalbar e il tour registra il tutto esaurito. Nell'84 il live "Va bene, va bene così" è il disco più venduto dell'anno ma il 20 aprile Vasco Rossi viene arrestato per il possesso di 26 grammi di cocaina, rimanendo in carcere per 22 giorni di cui 5 in isolamento. E una batosta, fisica, morale e mediatica ma Vasco si rialza e organizza un tour di 35 serate con oltre 400mila spettatori. Nell'87 "C'è chi dice no" balza in cima alle classifiche e la tournée è un trionfo con un milione di spettatori. Ma alle tre del mattino del 1° luglio 1988, Vasco Rossi viene arrestato per il possesso di un grammo di cocaina, uno sfollagente e una pistola lanciagas. Resterà in carcere fino al 4 luglio e all'uscita ringrazia «per la solidarietà dimostratami in un momento così difficile» il Partito Radicale, con il quale instaura un forte rapporto.
La disavventura non lo ferma, gli stadi registrano numeri da record: nel 1995 a Milano accorrono in 100mila; all'autodromo di Imola sono in 120mila nel 1998 e 150mila nel 2001; 240mila a San Siro per tre serate nel 2003; 1 milione per 16 concerti nel 2004 (con i biglietti esauriti in pochi giorni) tanto che il 24 settembre, Vasco si esibisce vicino Catanzaro, in un concerto gratuito che battezza "Vascstock", davanti a 400mila persone. Ai trionfi si alternano momenti tristi: nel 1994 l'amico e collaboratore Maurizio Lolli muore per un tumore ai polmoni. Lo ricorda ne Gli Angeli: «Vivi in bilico e fumi le tue Lucky Strike e ti rendi conto di quanto le maledirai», per il quale Roman Polanski gira un meraviglioso clip. Nel 1999 muore per overdose di eroina il fraterno chitarrista Massimo Riva, al quale dedica La fine del millennio. A poche ore dalla morte di Riva Ligabue dichiara: «Negli anni '70 il pensiero comune era che si potesse smettere quando si voleva. Per i musicisti rock c'è ancora oggi l'alibi dello scotto da pagare per fare musica. Perciò secondo il galateo della perfetta rockstar, io che non mi drogo sarei fuori target». Le dichiarazioni non piacciono a Rossi che replica: «È morto un amico e invece del silenzio c'è chi per accrescere la propria credibilità ha scelto di speculare lanciando anzitempo inutili messaggi moralizzatori. Che Dio benedica Ligabue».
Un Vasco mai domo, trionfatore indiscusso per carisma, successi e numeri da record, un rocker verace che sfugge alla retorica e allo stereotipo del personaggio, conquistando i fan con la sua credibilità testata in 30 anni di onorata carriera. Vasco è differente da tutti gli altri suoi colleghi perché sfugge alle apparizioni televisive e in tutte le situazioni è sempre se stesso, una cifra che si percepisce fortemente, in periodi in cui anche gli sconosciuti si atteggiano a divi e pseudoartisti studiano le entrate, il look, le dichiarazioni politically correct che, inesorabilmente, suonano finte, come la loro musica.
La differenza con gli altri Vasco l'ha scolpita in Come stai: «Ti distingui dall'uomo comune ti piace vivere come sei e rispondi solo a te!».
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