Danno il voto agli immigrati Poi se ne pentono

Dalla Rassegna stampa

Se il diavolo si annida nei dettagli, uno di questi ieri stava a pagina 12 di Repubblica. Antonello Caporale ha fatto l'intervista di rito a Fabrizio Ferrandelli, l'homo novus che da Palermo ha messo nei guai Pier Luigi Bersani, superando Rita Borsellino, la candidata voluta dal segretario nel capoluogo isolano.

L'ex dipietrista parla un po' di tutto, sincopato dalla prosa tipica del giornalista. Il bello, però, come ha notato ieri mattina Massimo Bordin su Radio Radicale, arriva quando viene affrontato il tema spinoso dell'«inquinamento» esterno delle primarie.

Siccome la vittoria di Ferrandelli non è stata esattamente larga (poco più di un centinaio di voti sulla seconda classificata), è normale che su ogni possibile interferenza esterna ci si perda in congetture, come mostra l'inchiesta per brogli aperta ieri sera (atto dovuto, certo).

La maionese ideologica, però, impazzisce del tutto quando la grana dell'aiuto esterno interessato si fonde col problema dell'immigrazione. Pare infatti che volumi massicci di stranieri siano stati fatti convergere in alcuni seggi non più tanto democratici, allo scopo di convogliare consensi.

Per chi? Domanda di Caporale: «Ma lei ha preso anche la preferenza degli immigrati intruppati (sic, ndr) davanti ai gazebo?». Risposta (vagamente surreale, anche al netto della traslitterazione di Caporale): «Quelli (sic) hanno votato Faraone».

Cioè, finché si discetta di diritto di voto ci sono fiumi di inchiostro ed eserciti interi pronti a immolarsi per concederlo agli immigrati, qui e subito, e chi si oppone è un brubru razzista. Poi, alla prima prova pratica, i «nuovi cittadini» diventano «quelli» che vengono «intruppati».

Ed è fatale che torni in mente il genio di Giorgio Gaber e della sua «Un'idea», che cominciava così: «In Virginia il signor Brown / era l'uomo più antirazzista / un giorno sua figlia sposò / un uomo di colore / lui disse: "Bene" / ma non era di buonumore».

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