Dalla Puglia al Veneto, le esperienze di amministratori pubblici e specialisti

Torino non sarà, almeno questa volta, la prima della classe. A chiedere per primo il permesso di coltivare per uso terapeutico la cannabis sui propri terreni è stato il Comune di Racale, diecimila abitanti in Puglia. E la Regione sta trattando con il governo per permetterglielo. «Il nostro sogno — racconta il sindaco Donato Metallo, eletto con una lista civica e membro dell’assemblea nazionale del Pd — è poter produrre qui il farmaco poiché la Regione Puglia acquista il Bedrocan dall’Olanda a prezzi altissimi. I costi sarebbero molto più bassi e il ricavato della vendita sarebbe investito nella realizzazione di un centro di eccellenza per la riabilitazione e la ricerca». L’idea nasce dall’esperienza di una sua compaesana, Lucia Spiri, una donna di 32 anni che soffre di sclerosi multipla da quando ne aveva 18 e che usa un farmaco a base di cannabis per alleviare i dolori. «Oggi — dice Metallo — ci sono spesso problemi nella fornitura del Bedrocan. Coltivare in loco la cannabis porterebbe a non interrompere il servizio». I racalini hanno già comprato il terreno.
Non che sia impossibile formalmente, peraltro: «Esistono due compagnie farmaceutiche italiane che sono al momento autorizzate alla produzione — racconta Donatelli — Ma allo stato i protocolli sono talmente stringenti che conviene loro importare il farmaco piuttosto che produrlo in Italia. Ed è un peccato, perché potrebbe avere un impatto industriale molto positivo». Alcune Regioni si stanno attrezzando per avviare produzioni sperimentali ed ottenere l’autorizzazione dello Stato. «Anche perché - aggiunge il direttore del Centro di ricerca per le colture industriali - centri di produzione pubblici sarebbero più facili da controllare».
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