Dalla culla del diritto alla bara della legalità

Dalla Rassegna stampa

Quando lo Stato viene meno alla propria legalità, si avverte subito il segnale inequivocabile del disfacimento stesso dello Stato, della sua agonia, della sua imminente scomparsa. Manca poco. Si sta diffondendo tra le persone una sfiducia profonda nei confronti delle Istituzioni. È un sentire comune. E questo accade perché è venuto meno lo Stato di Diritto. Perché la partitocrazia, in sessanta anni, ha distrutto la nostra Costituzione facendone brandelli. E i cittadini lo hanno capito, lo sanno, ne subiscono le conseguenze. È la Peste Italiana denunciata dai Radicali e ignorata dai più, come se, negando il problema, si risolvesse o svanisse la questione, che è grave.

Il sistema della Giustizia, in Italia, è al collasso. Lo dimostrano i dati e le cifre. Lo si vive sulla propria pelle, lo si vede nei tribunali e nelle procure, lo si nasconde nelle carceri, dentro le celle sovraffollate, nei penitenziari, lontano da occhi indiscreti. Lo ha denunciato addirittura il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, definendolo "un tema di prepotente urgenza sul piano costituzionale e civile" .

Se non si interviene tempestivamente e con strumenti immediatamente efficaci, una Giustizia al collasso rischia di far morire l'intero paese. Almeno se non facciamo quello che si deve fare per il ripristino dello Stato di Diritto. Infatti, se il sistema della Giustizia, come accade oggi in Italia, non riesce più a garantire il proprio funzionamento e il rispetto della propria legalità democratica, allora si finisce in quella che i Radicali chiamano "democrazia reale", cioè l'esatto opposto di una democrazia liberale. Senza il rispetto della legalità, si finisce con il calpestare i diritti umani e civili dei cittadini, delle persone, degli individui. Ma non basta: sembra affacciarsi, nell'antipolitica, un riflesso assolutista, come conseguenza del giustizialismo che, in quanto tale, è anti-liberale, anti-democratico e anti-legalitario. Perché il giustizialismo è un'ideologia che acceca. A tal proposito, leggendo alcuni articoli e commenti sulla stampa, appare chiaro un ripiegamento verso forme assolutiste della parola e della sintassi. Quindi nell'uso dei termini, nella scelta dei vocaboli, delle parole. È ritornato di moda, per esempio, il vocabolo "nessuno", in genere per dire che "nessuno" degli attori politici ha fatto questa o quell'altra cosa che sarebbe stata auspicabile. Ma chi è nessuno? Nell'immaginario letterario, Nessuno è Ulisse. Infatti, quando si sente dire "nessuno", si pensa all'Odissea e al mito greco, in particolare ritorna alla mente l'episodio di Ulisse e Polifemo, cioè dell'Uomo contro il Gigante. Nessuno è l'Uomo. Il Gigante è il Potere. Ma il Nessuno della politica italiana ha un nome ed un cognome: si chiama Marco Pannella. Perciò, quando leggete "Nessuno" traducete con "Pannella" o con "i Radicali".

Faccio un altro esempio: si usa molto il "tutti", spesso per dire che "sono tutti uguali". Senza eccezioni. Senza specificare. Come accade per ogni concetto assolutista, che non lascia spazio alla possibilità di non essere "tutti", ma di essere uno o "altro". In altri casi, su questa stessa linea, per rafforzare un ragionamento, si usa maldestramente il termine "mai" o anche il "sempre" o "totale", come se fosse divenuta impellente la tendenza verso concetti assoluti, cioè verso l'assolutismo delle forme, quindi della sostanza, ma è un crimine: perché in politica forma è sostanza. Leggo e ascolto i vari interventi scritti e improntati su un tale stile e mi viene nostalgia del futuro, alla memoria che si fa futuro, quindi ripenso alle parole di Leonardo Sciascia, alle sue analisi sul Potere, alle sue indagini dentro l'animo umano, al suo mostrarci "il contesto", l'impostura, il delitto: "Si suol dire che l'Italia è culla del diritto, quando evidentemente ne è la bara". Oggi che non c'è più Sciascia, acquista ancor più forza quanto, nei giorni scorsi, ha detto e continua a ripetere Pannella da Radio Radicale: "Avete potuto sentirmi? Comunque, in sostanza, ho inteso annunciare la assoluta urgenza ('prepotente') di rilanciare la lotta ' compresa nelle sue forme più dure, nonviolente! ' per la riforma della giustizia attraverso l'amnistia! E ho detto esplicitamente che questo è assolutamente urgente e necessario, anche per aiutare il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano a essere concretamente efficace e coerente in quanto 'Garante' del diritto, dei diritti: umani, politici, civili, costituzionali!".

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