Croce è delizia

Dalla Rassegna stampa

Il "Cristo di San Giovanni della Croce" di Salvador Dalì (1951) è forse l'opera d'arte sacra contemporanea più nota. Io lo vidi qui a Roma, in una mostra del pittore catalano svoltasi al Casino dell'Aurora - mi pare - moltissimi anni fa. Temo però che la sua notorietà oggi sia offuscata dalla scultura di Maurizio Cattelan in lattice, cera e tessuto, raffigurante Giovanni Paolo II, con tanto di scarpe in cuoio ai piedi e pastorale d'argento in mano, pesantemente reclino sotto un enorme meteorite che lo sfiora. È intitolata "La nona ora", non saprei dire perché. Esposta per la prima volta a Londra fece, ovviamente, scandalo, ma sembra sia stata "battuta" a quasi novecentomila dollari. Anche il Crocifisso di Dalì ha un consistente valore, se non altro perché convoglia un gran numero di visitatori al museo di Glasgow, un museo considerato non di prima grandezza, almeno quando lo visitai io. Dalì ha dipinto un altro crocifisso ("Corpus Hypercubus") , meno fascinoso del primo ma fiore all'occhiello del Metropolitan Museum of Art di New York. Mi ha dato spunto al ricordo la mostra del pittore in corso a Roma, dove però nessuno dei due crocifissi è presente, della sua pittura sacra c'è solo la "Madonna di Pori Lligat", del 1949.

Probabilmente è il crocifisso l'immagine religiosa che più attrae gli artisti contemporanei. Il cristianesimo ha senso solo grazie a quella croce, e nel complesso mitologema cristiano è l'unica immagine che può avere valenze simboliche ancora largamente condivisibili. Nei secoli, è stata dipinta o scolpita innumerevoli volte, da Cimabue a Giotto, a Grtinewald, a Masaccio, su su per Annibale Carracci, Tiziano e Velàzquez ecc., fino a Picasso, Rouault, Chagall, perfino Guttuso in uno dei suoi quadri giovanili e più belli. E magari Annigoni. Anche un laico può essere affascinato dal sacro che la crocifissione rappresenta (o esprime). Dico un laico, il laicista aborre dalla parola "sacro", per lui non solo insignificante ma da bandire dal lessico. È una sciocchezza, di sacro siamo storicamente tutti impregnati, sia nell'occidente cristiano sia nell'oriente, induista come buddista: l'aureola che circonda le teste dei nostri santi, un fascio di luce divina che emana dalle loro teste, appare anche dietro le immagini di quei pantheon. Il protestantesimo abolì le aureole e il santo, per non dire il sacro, perciò oggi il quadro di Dalì lo giudichiamo sul piano estetico; non più su quello religioso. Non mi pare comunque che la chiesa abbia accolto l'opera nella sua iconografia, nonostante le lodevoli intenzioni dell'artista nell'introdurvi particolari evangelici, come la barca (di San Pietro?) investita dalla luce promanante dal Cristo: chissà, fa storcere il naso il sospetto che quella croce proiettata nel cielo ricordi un po' troppo i missili che von Braun lanciava contro l'Inghilterra alla fine della guerra (però il Cristo deposto del Mantegna ha uno scorcio prospettico non meno azzardato).

La sfera dell'utile, o anche del bene

È l'intero senso del sacro che ha mutato segno. Se proprio non è scomparso, ha perduto - credo, irreparabilmente - il significato attribuitogli nei secoli della vitale espansione del cristianesimo. Da una parte riaffiora il significato che il termine ebbe nella cultura classica, quello studiato (e che io ho assorbito) da Rudolf Otto nel suo bellissimo testo sul "numinoso", l'esperienza extra-razionale di una presenza invisibile, maestosa e potente, che ispira terrore ed attira; dall'altra la stessa vita umana - il "vissuto", il quotidiano - può assumere, anche agli occhi del non credente, una dimensione sacra. A volte l'uomo avverte la possibilità di una forma, di un atteggiamento, non comprimibile nella sfera dell'utile o anche del bene, e che può richiamare il senso del sacro. Se quell'uomo è un laico, sa che non è da questi suoi riconoscimenti che dovrà essere misurata e valutata la sua laicità: questa dipende solo dal rapporto con la legge, la giustizia, la doverosità interiore, ecc., senza riferimenti ad una chiesa qualsivoglia. Nessuna chiesa può più appropriarsi di quel termine in forme assolute e "proprietarie". Forse si potrebbe addirittura opinare il rovescio: una chiesa può toccare e sperimentare il sacro in determinate condizioni che però non spetta più a lei stabilire. Insomma, vuoi vedere che la sfera del sacro è molto più vicina a quella del laico che non a quella dell'ecclesiale (per non dire del clericale)?

Una buona galleria d'arte di origine ecclesiale, la Collezione della Fondazione Lercaro, a Bologna, custodisce opere moderne interessanti, ma di ispirazione sacra - o almeno religiosa - può mostrare solo (mi pare) un bellissimo crocifisso (toh!) di avorio, settecentesco, e alcuni bronzetti di Manzù che rappresentano cardinali. Nell'arte di oggi il sacro ha una vita esile, è forse addirittura inesistente. Il Vaticano ha bandito un concorso per un opera d'arte sacra ma, prudentemente, in forma musicale. La musica è un linguaggio ambiguo, si presta a mille interpretazioni: Radio Radicale intervalla le sue trasmissioni, laicamente ed esclusivamente politiche, con la Messa di Requiem di Mozart.

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