Così il Viminale inizia a tutelare anche i poliziotti omosex

Dalla Rassegna stampa

Sei un agente di polizia gay e vuoi un trasferimento di sede per vivere insieme al tuo compagno e agli eventuali figli naturali? Fino a poco tempo fa non avresti avuto lo stesso punteggio di un marito o di una moglie che spediti a lavorare lontano dalla famiglia chiedono di potersi riunire ai propri cari. Ora non più. La novità consiste nella rettifica da parte del ministero dell'Interno di una circolare che metteva in atto una discriminazione da parte delle istituzioni.

Il provvedimento aveva per titolo la «Disciplina della mobilità a domanda del personale della Polizia di Stato dei ruoli di sovrintendenti, assistenti, e agenti, che aspirano a cambiare sede di servizio». E con molta chiarezza vi era scritto che «i punteggi previsti per le esigenze del nucleo familiare si intendono estesi alle analoghe esigenze per le eventuali famiglie di fatto, intendendosi per tale quella costituita da due persone di sesso diverso che convivono, more uxorio, coabitando stabilmente insieme agli eventuali figli naturali riconosciuti o dichiarati dall'uno o da ambedue».

Dunque se il lavoro portava un convivente etero lontano dagli affetti, questi nel chiedere il trasferimento aveva lo stesso punteggio riconosciuto di un coniuge. La circolare equiparava le coppie di fatto etero alle famiglie, ma tagliava fuori le unioni omosessuali. A sollevare la questione è stata l'associazione radicale Certi Diritti insieme al deputato Marco Perduca. La denuncia della discriminazione è stata rivolta all'Unar, ufficio discriminazioni antirazziali, e all'Oscad (Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori), l'associazione ha chiesto un incontro che è avvenuto intorno al 10 luglio. Certi Diritti ha fatto notare che la circolare è "contraria al principio di uguaglianza e oggettivamente discriminatoria nei confronti delle coppie dello stesso sesso.

Soprattutto dopo la sentenza della Corte costituzionale del 2010 e della Corte di Cassazione del 2012". Tali sentenze hanno costituito un validissimo precedente. La prima è stata emessa in risposta alla richiesta di molte coppie gay di vedere pubblicati gli atti di matrimonio dai comuni di residenza. Richiesta rifiutata a cui le coppie hanno risposto interpellando la Consulta ritenendo che fossero stati violati i diritti sanciti dalla Costituzione.

La Corte ha respinto la possibilità di estendere «l'istituto del matrimonio alle persone dello stesso sesso» ma ha sottolineato le necessità di tutela delle forme diverse di convivenza, necessità a cui il Parlamento non può più restare sordo. Ancora, nel 2012 la corte di Cassazione ha riconosciuto agli omosessuali "il diritto legale alla vita familiare". Due artisti di Latina che si sono sposati all'Aia nel 2002 hanno chiesto il riconoscimento del matrimonio in Italia.

Dopo il rifiuto del Comune, del Tribunale e della Corte di Appello, giunti in Cassazione sono stati destinatari di una sentenza storica: per la Corte gli omosessuali hanno diritto a vivere liberamente una vita di coppia "con la possibilità di un «trattamento omogeneo a quello assicurato dalla legge alla coppia coniugata». Ecco che il ministero dell'Interno recepisce a sua volta i nuovi passi avanti. Qualche giorno fa l'Oscad ha fatto sapere che il ministero ha cancellato dalla circolare la frase "di sesso diverso", mettendo tutte le convivenze e le famiglie dei dipendenti di Polizia sullo stesso piano.

 

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